Quirinale, Parri, Iotti e Capitan Ultimo: tutti i candidati bandiera dei partiti finiti nel pantano

Quirinale, Parri, Iotti e Capitan Ultimo: tutti i candidati bandiera dei partiti finiti nel pantano
di Generoso Picone
Domenica 23 Gennaio 2022, 08:23 - Ultimo agg. 17:31
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Giorgio Di Giuseppe. Chi era costui? Il 13 maggio 1992, al primo scrutinio delle schede per eleggere il presidente della Repubblica, lui, docente di Istituzioni di Diritto pubblico all'Università di Lecce, senatore Dc dal 25 maggio 1972 e all'epoca vicepresidente del Senato, ottenne 296 voti. Il primo della tornata, davanti a Nilde Iotti, Giuliano Vassalli, Paolo Volponi e Norberto Bobbio. Un risultato comunque ben lontano dal quorum, ma sufficiente a iscrivere il suo nome nelle pagine del romanzo del Quirinale al capitolo dei candidati di bandiera. Cioè di coloro che sono stati tirati in ballo nelle 12 elezioni con l'intento non di vincere la partita ma di rappresentare la cifra identitaria di uno schieramento, o di un suo pezzo, e marcare l'elemento distintivo all'interno e probabilmente soprattutto all'esterno dell'aula. Una mossa sulla scacchiera, insomma.

Valdo Spini, il quale ha pubblicato un prezioso volume dove si occupa di tutte le battaglie per il Quirinale, «Sul Colle più alto», guarda al passato e ritrova personalità di assoluto rilievo che hanno abbracciato la bandiera e così interpretato il ruolo.

Con l'eccezione delle elezioni di Enrico De Nicola il primo luglio 1946, di Francesco Cossiga il 3 luglio 1985 e di Carlo Azeglio Ciampi il 18 maggio 1999, le uniche tre avvenute al primo scrutinio, le altre hanno visto snocciolare sedute su sedute dalle 9 per Antonio Segni alle 16 per Sandro Pertini, dalle 21 per Giuseppe Saragat alle 23 per Giovanni Leone. «Ferruccio Parri nel 1955 (area socialista), Umberto Terracini (Pci) nel 1962 e nel 1964, Pietro Nenni (Psi) e Nilde Iotti (Pci) nel 1964, Francesco De Martino (Psi) nel 1971 e nel 1992, Giorgio Amendola (Pci) nel 1978: esponenti di rilievo di una parte politica che appunto hanno innalzato il simbolo della loro bandiera nella competizione».

«Se i partiti di maggioranza sondavano la praticabilità di alcune candidature, - spiega Gianluca Passarelli, docente di Scienze politiche alla Sapienza di Roma e autore del volume Il presidente della Repubblica in Italia - quelle di opposizione dal Pci al Msi, rispondevano investendo nei loro leader. Appunto, per tenere alta la bandiera». L'ultimo di questa categoria è forse l'Umberto Bossi, candidato della Lega nel 2006. «Sono i protagonisti di un'epoca in cui il Partito decideva di scendere in campo con rappresentati di massima visibilità. aggiunge Spini - Poi, dal 1992 in avanti, questo tipo di candidatura ha assunto significati diversi».


Il 1992 come anno che apre la crisi del sistema della politica e sbriciola la consistenza delle sue strutture. A candidati dalla fibra identitaria ben marcata e personalità riconosciute d'area giuristi e costituzionalisti Paolo Rossi, Giuliano Vassalli, Norberto Bobbio (area laica socialista), per esempio con la frantumazione dei partiti e l'irruzione delle nuove formazioni si è andati in una direzione diversa e quasi diametralmente opposta. La proposta di Emma Bonino nel 1999, sulla scia della campagna per la sua elezione alimentata soprattutto nella società civile, costituisce un punto di svolta: dopo nel 2013 - subentreranno i nomi di Stefano Rodotà (M5s) e di Gino Strada (sinistra), fino a Franca Rame (Idv), Adriano Sofri (Rosa nel pugno), Giuliano Ferrara per giungere a Sergio De Caprio, il capitano Ultimo sostenuto da Fratelli d'Italia, e nel 2015 - a Ferdinando Imposimato, per altro accanto a Vittorio Feltri.

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«Siamo a un fenomeno di sovrapposizione dell'attribuzione valoriale con i propri desiderata, l'obiettivo è di innalzare la propria bandiera fuori dal Parlamento, nelle piazze», sottolinea Passarelli riferendosi al M5S. Le due elezioni di Giorgio Napolitano e quella di Sergio Mattarella mostrano i contorni disordinati di una tendenza ambivalente: mentre da un lato quel che resta dei partiti sonda il terreno per convergenze e alleanze, dall'altro i movimenti insediatisi nelle istituzioni ragionano con uno spettro più ampio per ribadire la loro diversità. In mezzo può capitare quanto accadde a Giuseppe De Rita, il fondatore del Censis e presidente del Cnel, il quale suo malgrado nel 2006 vide comparire il suo nome tra i candidati votati e con 19 consensi. Dopo avrebbe saputo che era stato Clemente Mastella, allora alla guida dell'Udeur, a sceglierlo per contare i suoi voti e misurare il peso che avrebbe avuto nella platea dei grandi lettori. «Candidatura di bandiera a sua insaputa ai fini di mettere i voti nel parcheggio», commenta Spini. E ora? «Il rischio è di avere mille candidati di bandiera. risponde Passarelli - Voti dispersi e voti in cerca d'autore. Sarà anche questo un bando di verifica».
 

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