Zone speciali, il Veneto chiede gli sconti del Sud

Zone speciali, il Veneto chiede gli sconti del Sud
di Nando Santonastaso
Martedì 4 Giugno 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:54
3 Minuti di Lettura
È forse ancora prematuro prevedere se diventerà un nuovo fronte della polemica politica interna alla maggioranza di governo. Di sicuro, il pressing del Veneto perché venga riconosciuta anche all'area di Venezia, Rovigo e Porto Marghera l'istituzione di una Zes simile a quelle previste dalla legge per i soli sistemi portuali del Mezzogiorno, è diventato fortissimo. Al punto che oggi il presidente di Confindustria di Venezia-Rovigo Vincenzo Marinese incontrerà il ministro per la Coesione territoriale e per il Mezzogiorno, Barbara Lezzi, per quella che viene ritenuta l'apertura di un tavolo di confronto con il governo. Un appuntamento, si legge sulla stampa locale, talmente atteso che ha disinnescato una manifestazione già annunciata per ieri dei sindaci, delle associazioni, delle imprese e dei sindacati dell'area del Polesine, tutti compatti nel sollecitare la Zes anche lì. Con l'obiettivo di sviluppare, dicono, un territorio che è svantaggiato come quelli del Sud, che ha nell'artigianato e nelle pmi i suoi punti di forza e che può offrire un'area di 385 ettari su cui far crescere l'occupazione di 35mila unità con oltre 2 miliardi di investimenti.
 
Lo stesso governatore veneto Luca Zaia, già in prima linea com'è noto per ottenere la maggiore autonomia delle cosiddette Regioni ricche, ha immediatamente sposato anche questa richiesta: «La Zes vuol dire competitività ha dichiarato nei giorni scorsi -, vuol dire riconoscere una peculiarità che il Veneto ha nelle zone di Rovigo e di Marghera. Non possiamo andare fuori mercato perché altri hanno dei vantaggi. Il governo ha tutti gli strumenti per agire e, se ce ne fosse bisogno, anche per cambiare una legge».

Il tavolo ovviamente non implica in automatico che la richiesta del Nordest sarà accolta. Nei giorni scorsi il ministro Lezzi ha fatto capire che un'eventuale apertura potrebbe essere contemplata solo nell'ambito della prossima legge di Bilancio e a condizione che sia aperta a tutto il Nord, non solo ad una parte sia pure rilevante di esso. Ma non è bastato: proteste e pressioni ad ogni livello, compresa quella proveniente dall'ultima Conferenza delle Regioni, sono andate crescendo fino al punto da rendere necessario il chiarimento di oggi. Che probabilmente non sposterà di molto le posizioni in campo ma potrebbe inserirsi a pieno titolo nella più generale questione dell'autonomia rafforzata su cui Lega e 5 Stelle sono al momento assai divisi.

Di sicuro i dubbi sull'opportunità della richiesta veneta non mancano. Al di là dei precari equilibrismi del governo, bisognerà muoversi su un terreno che anche sul piano legislativo non è comodo. Occorrerà ad esempio cambiare la legge che per la prima volta, per una misura destinata al sistema infrastrutturale nazionale, aveva indicato nei porti e retroporti del Mezzogiorno l'unica area possibile di riferimento. Inoltre, va ricordato che è solo a quest'area che il governo, proprio su input della Lezzi, ha provveduto ad aumentare la dotazione del credito d'imposta per chi vi si insedia, dai 50 ai 300 milioni nel triennio (somma peraltro giudicata troppo esigua, e non a torto, dal governatore della Campania Vincenzo De Luca). Difficile immaginare che se ne possano aggiungere altri specie se la prossima Finanziaria, come appare probabile, dovrà reperire parecchi miliardi per salvare i conti pubblici del Paese. Morale: i 300 milioni dovrebbero essere spesi per tutte le Zes, Veneto compreso, riducendo però ancora di più i loro effetti e la capacità di attrarre nuovi investimenti.

Ma c'è di più. Nel piano di sburocratizzazioni varato dal governo sono state già inserite misure ad hoc anche per i porti non meridionali. Nessuno è stato equiparato ad una Zes ma anche per loro è già adesso possibile utilizzare le stesse semplificazioni burocratiche previste per i porti del Mezzogiorno. L'unica differenza, per ora, è il mancato riconoscimento ai porti centrosettentrionali del credito d'imposta. Ma la sensazione è che anche su questo punto le scelte potrebbero non essere definitive. Specie se a invocare l'unità del Paese stavolta è, paradossalmente, chi rischia di metterla seriamente a rischio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA