Fumata nera. Gli occhi fissi sul comignolo per un’attesa che è andata oltre le previsioni. Forse anche questo un segno - seppure sia da mettere in conto il numero mai così alto dei votanti (133) - il tempo suppletivo per l’elezione degli scrutatori e la variabile della meditazione iniziale del predicatore, il cardinale Cantalamessa. Ma poi prima un po’ smorzata e smarrita, la prima emozione, e la folla che a piazza San Pietro ha avuto più tempo per cominciare a scaldare la voce. Non si attendeva certo un responso diverso dal comignolo in cima alla Sistina chiamato in realtà quasi al collaudo di una prova generale.
Ma non aveva forse bisogno di un colore, un evento che già all’avvio, e ancora prima, ha preso il mondo a sé, imponendogli di alzare lo sguardo, fin sopra al tetto della Cappella di Michelangelo. Piazza San Pietro, come in tutte le grandi occasioni, è la piazza dove l’umanità viene ad abitare e a prendere atto che alla storia non mancano scenari. E quegli sbuffi e poi quelle nuvole di fumo nero hanno chiuso a tono la suggestione di una giornata a capo di tutte le altre nel Conclave che dovrà dare alla Chiesa il successore di Pietro e di Francesco. Col passo della storia - c’è il mondo che guarda e attende- e l’incedere lento e solenne della liturgia, i cardinali elettori sono giunti all’ultimo tratto.
Viene in mente il “Trittico romano” di Giovanni Paolo II. “E proprio qui, ai piedi di questa stupenda, policroma sistina, si riuniscono i cardinali – una comunità responsabile per il lascito delle chiavi del Regno. Chiedi alla Sistina. Così tanto raccontano queste mura”. Nell’omelia della Messa “Pro Eligendo Romano Pontifice”, il cardinale decano, Re, richiama Dante e il monito che sotto l’incombente immagine di Gesù Giudice, si ritrovi la grandezza della responsabilità per porre le “somme chiavi” nelle mani giuste. Anche dall’esterno, appare ora lontano, quasi come una vicenda a parte, il cammino delle Congregazioni, presentate come un pre-conclave. Non andrà perso quel lavoro, e certo torneranno utili i contatti, gli incontri, le aggregazioni. Ma il linguaggio ordinario di riunioni e assemblee non è fatto per la Sistina, dove la Chiesa entra in processione, accompagnata dalle litanie di tutti i santi, invocando lo Spirito al canto del “Veni Creator”.
È maestosa e umile insieme la scenografia che i cardinali disegnano con quel rosso vivo che li accende, come uno sfarzo di fede accanto a uno sfarzo d’arte. Ed è la litania di tutti i santi e il canto del Veni Creator, l’invocazione allo Spirito, a dare il tono a una solennità che potrebbe sembrare fuori tempo. Anche se in questi giorni il latino è ritornata la sua lingua, e i paramenti sfidano la fantasmagoria di colori che è tutt’intorno, non è l’immagine della Chiesa trionfante quella che, subito dopo, l’intimazione dell’extra omnes si è “chiusa” in sé stessa per fare fronte al gravoso compito che l’attende. Non è stato certo quello della “Chiesa trionfante” il lascito del papa al quale ora sono chiamati a dare un successore.
E non è questa una linea di separazione in un collegio che, se non è proprio a immagine e somiglianza di Francesco, rappresenta largamente una Chiesa che si è spinta ai confini del mondo puntando innanzitutto ad estendere un manto di umanità lacerato in più punti. Il pontificato di Francesco sarà il primo banco di prova nel momento in cui non si tratterà più di delineare un profilo, ma passare all’azione, quindi alla scheda, per scegliere il nuovo papa. Avverrà più intensamente, con due sedute al mattino e altrettanto nel pomeriggio, a partire da oggi, primo giorno utile, si pensa perché la fumata possa cambiare colore. La prospettiva di un conclave breve è quella che ha retto fin all’ingresso nella Sistina.
Si vedrà subito se qualche cardinale parte con un più o meno consistente “pacchetto di voti. È il segnale di una convergenza che si potrà realizzare, si ritiene, in tempi brevi. Neppure è escluso che già la prima giornata abbia contribuito a chiarire qualcosa. Il vecchio cardinale decano, Giovanni Battista Re, chiudendo il ciclo che dalle esequie in piazza di Francesco, la guida delle Congregazioni e poi la Messa in mattinata a San Pietro, l’ha visto protagonista si è spinto più che poteva a indicare il profilo del papa che occorre alla Chiesa. Lui che è stato al fianco degli ultimi pontefici della modernità non ha dimenticato, prima di Francesco, l’apporto complessivo che, tutti insieme, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno dato. L’invocazione è stata allora quella che, “come lo Spirito ha donato negli ultimi cento anni Pontefici veramente santi e grandi, ci regali un nuovo Papa secondo il cuore di Dio per il bene della Chiesa e dell’umanità”. Più in concreto “un papa che sappia risvegliare le coscienze di tutti e le energie morali e spirituali della società odierna, caratterizzata da grande progresso tecnologico, ma che tende a dimenticare Dio”.