Una valigia che pesa. E non perché dentro ci siano scarpe o borse. Qualcuno prova a rubarla a quella donna che si aggira su via Giliotti, lunedì pomeriggio, confondendosi fra la folla. È una donna come altre: nessun segno particolare. Minuta, dai tratti asiatici, avvolta in un cappotto. Cammina con un trolley al seguito. Non sta correndo, non mostra agitazione. Poi, d’improvviso, qualcuno la raggiunge alle spalle e prova ad afferrare quella valigia senza tuttavia riuscirci. La donna inizia a urlare, il rapinatore di turno si dà alla fuga. Fosse solo questo, l’ultimo episodio sarebbe facilmente ascrivibile all’ennesimo tentativo di rapina che avviene nelle immediate vicinanze della stazione Termini dove, nonostante i capillari controlli delle forze dell’ordine, la sicurezza ha la misura di un respiro corto.
Roma, arrestato il ladro di valigie: rubava i bagagli dei turisti a Termini
LE VERIFICHE
Sul posto arrivano gli agenti della Polfer e da qui inizia un altro racconto ben diverso rispetto a quello finora prefigurato e del tutto inatteso. Perché la donna e il suo trolley vengono controllati seguendo una prassi consolidata. Lei mostra un po’ di reticenza ma non si oppone e quando la valigia - finalmente - viene aperta più di una persona sgrana gli occhi. Dentro quel trolley c’era un tesoro: 595mila euro.
L’INCHIESTA
Le cronache lo hanno raccontato solo qualche mese fa quello che era il sistema attivo all’Esquilino e nelle zone adiacenti, relativo alla pulizia del “denaro sporco” da parte della criminalità organizzata che grazie ad una consorteria asiatica - smantellata dalla Guardia di Finanza - riciclava e spediva all’estero i proventi illeciti. Da quell’inchiesta è emerso un sistema chiaro e consolidato: le operazioni di ripulitura del contante erano nascoste dietro delle attività commerciale cinesi, quattro in tutto: tre in via Turati e una in via Napoleone III, da dove era possibile trasferire milioni di euro dall’Italia in qualsiasi altro Paese. Tra i clienti più affezionati c’era anche Simone Capogna fratello del più noto Fabrizio. Un cognome questo, tornato da ultimo di “estrema” attualità. Le spedizioni del denaro avvenivano nei modi più vari: trasferimenti elettronici ma anche fisici con dei corrieri scelti ad hoc - in molti casi anche donne - che con valigie cariche di denaro appunto lasciavano il Paese da Fiumicino. Quanto accaduto lunedì a Termini, non fosse altro per l’entità economica del denaro trovato, lascia spazio a più di una ipotesi. Anche perché come accertato nell’inchiesta della Finanza all’Esquilino, i “corrieri” erano quasi tutti e quasi sempre insospettabili, stranieri ma incensurati.