«Dobbiamo proteggere e integrare ma la politica europea è in ritardo»

«Dobbiamo proteggere e integrare ma la politica europea è in ritardo»
di Giuseppe Pecorelli
Martedì 2 Agosto 2022, 09:01
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«La mia presenza qui è per esprimere la vicinanza della Chiesa a questi nostri fratelli. Tutti i vescovi della Campania mi hanno telefonato per dire la loro solidarietà e affermare prossimità umana e cristiana. Le diocesi continuano, come in passato, ad organizzarsi per dare accoglienza nella prospettiva di un autentico umanesimo cristiano». Sono parole di monsignor Antonio De Luca, vescovo di Teggiano-Policastro e delegato Caritas della Conferenza episcopale campana, che ieri mattina era al porto di Salerno, insieme ai volontari dell'organismo della carità della sua diocesi e di Salerno-Campagna-Acerno, per far sentire la vicinanza della chiesa ai migranti appena sbarcati. «Ho incontrato il prefetto Francesco Russo - racconta - e ho espresso apprezzamento per la perfetta organizzazione nelle operazioni. D'altra parte Salerno, fino alla pandemia, ha già avuto numerosi sbarchi».


Eccellenza, qual è la strada da percorrere per rispondere al fenomeno delle migrazioni?
«Le parole che devono guidarci sono di papa Francesco, racchiuse nell'acronimo Apri: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. L'accoglienza è una sfida necessaria in un Paese che si sta aprendo se non altro in nome della funzionalità. Abbiamo, nelle nostre terre, bisogno di manodopera, ad esempio nelle strutture ricettive che, per assenza di personale, stanno rischiando il tracollo. C'è bisogno di lavoro legale e retribuito per tutti e non di accattonaggio, di sfruttamento, di caporalato. Dobbiamo operare sempre nella logica della legalità, anche attraverso un'accoglienza stagionale momentanea. Solo così eviteremo che esseri umani possano finire nelle mani dei mercanti di morte. Si ripropongono, inoltre, vecchi ritardi ed endemiche disattenzioni di una politica europea troppo ancorata a decreti e accordi che non rispondono alle mutate circostanze. Si deve lavorare perché tutti, e non solo alcuni, accolgano».
La barbara uccisione di Alika Ogorchukwu, a Civitanova Marche, apre una riflessione. Siamo davvero pronti all'accoglienza?
«La violenza efferata di quel tipo non è legata all'accoglienza. In quest'episodio abbiamo visto il tracollo dell'umanità, le macerie dell'umanesimo. Dobbiamo lavorare per un mondo diverso, anche in un'ottica di prevenzione. Il fenomeno migratorio non può essere fermato. Il sociologo Stefano Allievi ha scritto: Finalmente gli esseri umani non hanno radici, ma piedi per muoversi. E il muoversi dei popoli è sempre un'opportunità, soprattutto in Paesi sempre più vecchi. In questo senso, l'Italia è seconda solo al Giappone. Abbiamo bisogno della mescolanza tra i popoli e dell'incontro. La logica di un umanesimo cristiano, inclusivo e solidale ci impone di porre attenzione verso queste situazioni e ci spinge a sensibilizzare la politica nazionale affinché siano varate leggi appropriate e non discriminatorie verso coloro che chiedono di essere accolti alla ricerca di nuova dignità lavorativa e di opportunità formative. Devo dire che, in Campania, abbiamo manifestazioni di grande sensibilità anche se la nostra è terra spesso di solo passaggio verso il Nord Italia o il Nord Europa».
In concreto quali politiche può concretizzare il nostro Paese?
«Sono arrivati al porto di Salerno 147 minori e 129 non erano accompagnati. Molti di loro avranno riconosciuto il diritto d'asilo. Penso, però, anche ai figli dei migranti che lavorano in Italia. Sono nati nel nostro Paese, hanno frequentato le nostre scuole. Perché non riconoscergli la cittadinanza mentre la si concede, e a ragione, anche a chi, straniero di nascita, ha un trisavolo italiano? E inoltre dobbiamo dire no all'accoglienza legata ai toni cromatici della pelle. Aprire le porte a chi proveniva dall'est Europa o, in tempi più recenti, agli ucraini in fuga dalla guerra, è stata una grande prova di umanità. Ma anche chi proviene dal continente africano, attraverso la Tunisia e la Libia, fugge spesso da paesi belligeranti».
 

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