Omicidio Autuori: mandante in galera, alla moglie il reddito di cittadinanza

Omicidio Autuori: mandante in galera, alla moglie il reddito di cittadinanza
di Dario Sautto
Martedì 3 Gennaio 2023, 06:25
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Quando scoppiò la pandemia, i clan corsero a chiedere il reddito di cittadinanza. Da aprile 2020 a giugno 2021, avrebbe percepito il sussidio anche Teresa Scalea, 41enne moglie di Francesco Mogavero, condannato anche in Appello a 30 anni di carcere come mandante dell’omicidio Autuori. È quanto emerge dalle indagini, condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata e coordinati dalla Procura oplontina, che hanno effettuato una scrupolosa verifica sui nuclei familiari di indagati e imputati di diversi procedimenti di camorra. 
GLI INDAGATI
Venti persone sono indagate per aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza o per aver omesso di comunicare lo stato di detenzione dei familiari, una modifica che comporta riduzioni o cancellazione del sussidio, e sono state raggiunte da un decreto di sequestro preventivo per un totale di 220mila euro, emesso dal gip del tribunale di Torre Annunziata. La moglie di Mogavero avrebbe percepito oltre 15mila euro indebitamente. Imprenditore, titolare di un’agenzia e ritenuto ai vertici del clan Pecoraro-Renna di Pontecagnano, Mogavero era finito a processo appena una settimana prima che sua moglie presentasse la richiesta per il reddito di cittadinanza. Un sussidio ottenuto appena un mese dopo, grazie ad una autocertificazione nella quale avrebbe omesso volontariamente di dichiarare all’Inps che Mogavero e in carcere per fatti di camorra già a partire dal 2016. Sette anni fa, infatti, era stato coinvolto nel blitz sul racket al mercato dei fiori di Pompei, poiché ritenuto uno degli uomini del cartello di camorra tra i clan Cesarano di Castellammare di Stabia, Mallardo di Giugliano e, appunto, Pecoraro-Renna di Pontecagnano.

Tra i vari boss e affiliati che avrebbero incassato il sussidio tramite i propri familiari, quella di Mogavero è la situazione più particolare. Lui è l’unico ad essere stato condannato - seppure non ancora in via definitiva - per un omicidio. Le indagini dell’Antimafia, confermate anche dalle sentenze di condanna arrivate in primo e secondo grado, hanno ricostruito come Mogavero fosse il mandante dell’autotrasportatore Aldo Autuori, ucciso a sangue freddo nel pomeriggio del 25 agosto 2015, davanti a un bar, sotto gli occhi della moglie e del figlio. In primo grado è stato condannato all’ergastolo Antonio Tesone, 55enne ritenuto esecutore dell’agguato. Secondo l’accusa, Francesco Mogavero ed Enrico Bisogni furono i mandanti dell’omicidio, organizzato dall’intermediario Luigi Di Martino, alias «’o profeta», all’epoca reggente del clan Cesarano, che a sua volta si rivolse a Francesco Mallardo, capoclan di Giugliano, il quale incaricò killer di sua fiducia Tesone. Dietro l’omicidio di Autuori ci sarebbe il racket dei trasporti nel settore ortofrutticolo: un affare in cui Autuori voleva rientrare, pestando i piedi a Mogavero. 

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