Coronavirus: in Campania
oltre il 30% di angioplastiche in meno

Coronavirus: in Campania oltre il 30% di angioplastiche in meno
Martedì 19 Maggio 2020, 14:19
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Durante il lockdown in Campania le procedure di angioplastica sono diminuite di oltre il 30% e in alcuni casi si è arrivati al 50% nelle prime due settimane di lockdown. È quanto emerge da uno studio dell'università Federico II pubblicato sulla rivista scientifica Circulation dedicata ai temi della cardiologia. Lo studio evidenzia che rispetto allo stesso periodo del 2019, nei centri di cardiologia interventistica della Campania che hanno aderito allo studio c'è stata una riduzione delle chiamate al 118 per paura, evidentemente, del contagio. «Dall'inizio della pandemia - spiega il professor Giovanni Esposito, ordinario di Cardiologia e Direttore della Uoc di Cardiologia, Emodinamica e Utic presso l'Aou Federico II e coordinatore dello studio - si susseguono gli appelli delle più importanti società scientifiche di cardiologia a non sottovalutare i sintomi dell'infarto ed attivare il 118, considerando gli ospedali dei luoghi sicuri e non temendo il contagio; ciò che si sta osservando, tuttavia, è una diminuzione preoccupante del numero di pazienti che richiede soccorso per infarto acuto del miocardio, non per una riduzione effettiva degli stessi, quanto probabilmente per la paura del contagio». 

Gli autori del lavoro hanno raccolto i dati relativi agli interventi di angioplastica coronarica eseguiti nelle quattro settimane dopo il primo caso confermato di infezione da SARS-Cov-2 in Campania (27 Febbraio) e li hanno confrontati con quelli eseguiti nelle quattro settimane antecedenti e con quelli effettuati durante lo stesso periodo nel 2019. Il dottor Raffaele Piccolo, dirigente medico e ricercatore in Cardiologia all'Università Federico II e primo autore del lavoro, spiega: «Nei venti centri di Cardiologia interventistica campani che hanno partecipato al lavoro, sono state eseguite circa 1800 angioplastiche dal 30 gennaio al 26 Marzo 2020. Dall'inizio della pandemia da SARS-Cov-2, abbiamo osservato una riduzione delle procedure di più del 30% rispetto al periodo antecedente e allo stesso arco temporale dello scorso anno. Tale riduzione è stata uniforme attraverso la nostra regione ed è arrivata fino al 50% nelle sole prime due settimane di lockdown». Lo studio ha inoltre evidenziato particolari categorie a rischio più elevato di ridotto accesso alle cure: «Le donne - aggiunge Esposito - e i soggetti di età superiore ai 55 anni sono i sottogruppi nei quali abbiamo osservato le riduzioni maggiori di interventi di angioplastica per infarto a seguito della diffusione del COVID-19. Questo sottolinea l'importanza di sensibilizzare le categorie più vulnerabili alla richiesta tempestiva delle cure, tenendo conto soprattutto del fatto che la macchina dei soccorsi, organizzata nella Rete IMA non è stata alterata nell'organizzazione anche nei momenti più difficili».

La comunità cardiologica appare sempre più preoccupata da tale tendenza, considerando che in patologie quali l'infarto il trattamento è tempo-dipendente ed il buon esito può dipendere strettamente dalle prime fasi dei soccorsi.
Inoltre, i dati su scala nazione mostrano che solo il 30% circa dei pazienti con infarto accede alle cure mediante il 118, mentre la maggior parte si reca direttamente in pronto soccorso. « In era COVID-19 - conclude Esposito - la chiamata al 118 avrebbe anche l'ulteriore vantaggio di evitare, in caso di infarto, un possibile contatto con altri pazienti potenzialmente infetti nel pronto soccorso. Ora più che mai è fondamentale sostenere campagne di comunicazione per attivare la catena dei soccorsi chiamando il 118 in caso di sintomi di infarto del miocardico».
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