BRUXELLES - Nella mancata stabilizzazione degli insegnanti di religione cattolica in Italia non c'è discriminazione, ma spetta al giudice del rinvio valutare se la successione di contratti a tempo determinato rappresenti un abuso. È questo in sintesi il giudizio della Corte Ue chiamata a pronunciarsi sulla controversia tra insegnanti di religione cattolica di scuole pubbliche italiana, il Miur e l'Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, in merito alla domanda di conversione dei loro contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.
Ritenendo illegittima la successione di contratti a tempo e constatando di non aver potuto beneficiare del meccanismo di immissione in ruolo, gli insegnanti sostengono di essere vittime di una discriminazione rispetto ai docenti di altre materie. Nella sua sentenza, la Corte nega la discriminazione in primo luogo perché "risulta che la normativa nazionale priva gli insegnanti di religione cattolica degli istituti di istruzione pubblica della possibilità di convertire il loro contratto di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato e/o di ottenere un risarcimento per il danno subìto non in considerazione della loro religione, bensì, al pari degli altri docenti di tali istituti, per il fatto che essi rientrano nel settore dell'insegnamento pubblico". Inoltre, sebbene insegnanti di altre materie siano stati stabilizzati anche tramite il piano straordinario del 2015, non si tratta di discriminazione ma di una scelta del legislatore derivata dalle necessità di assunzioni legate alle discipline di insegnamento in determinati periodi e legata anche "alla durata annuale dei loro incarichi, che non consentiva il loro inserimento nelle graduatorie permanenti, il quale era necessario per le immissioni in ruolo avvenute".
Tuttavia, i giudici di Lussemburgo esprimono dubbi sull'esistenza di una "ragione obiettiva" per reiterare la successione di contratti a tempo determinati per gli insegnanti di religione.