Il commissario Ricciardi, Enrico Ianniello è il dottore Modo: «Così sono diventato un sex symbol»

Il commissario Ricciardi, Enrico Ianniello è il dottore Modo: «Così sono diventato un sex symbol»
di Giuliana Covella
Lunedì 1 Marzo 2021, 10:00
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Un nuovo romanzo in uscita a giugno sulla tragedia di Vermicino; la sesta serie di “Un passo dal cielo” nei panni del vice questore aggiunto Vincenzo Nappi; il sogno di tornare a lavorare con Nanni Moretti (con cui ha recitato in “Habemus Papam” e “Mia madre”) e l’immagine di «sex symbol» che gli hanno attribuito i fan del dottor Bruno Modo, fedele amico del commissario Ricciardi, un’etichetta di cui lui stesso sorride ironico: «evidentemente è il segno che i riscontri del pubblico sono positivi». Intervistare Enrico Ianniello - casertano formatosi alla Bottega teatrale di Firenze di Vittorio Gassman - sul personaggio che interpreta nella fiction record di ascolti di Rai 1 con la regia di Alessandro D’Alatri, ha più il sapore di un viaggio a ritroso nel mondo del teatro, quello della sperimentazione. Lo spunto nasce da una vecchia foto pubblicata sul suo profilo Facebook, in cui l’attore appare insieme ad altri colleghi altrettanto bravi e famosi tra cui Toni Servillo, Andrea Renzi, Tony Laudadio e Iaia Forte: «Risale al 1995 - spiega - e ritrae il cast del “Misantropo” di Molière (in cui lui aveva il ruolo di Clitandro, ndr), una produzione di Teatri Uniti dove Servillo (interprete e regista) cominciava ad affacciarsi ai classici».

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Ma qual è il punto di forza del personaggio impersonato da Ianniello e nato dalla penna di Maurizio de Giovanni? «L’invenzione è sua - sottolinea - e gliene va dato atto.

L’incontro con D’Alatri poi è stato fondamentale, perché ero andato al provino con una lettura più torva, dato il lavoro che fa il personaggio ossia quello di analizzare cadaveri. Alessandro invece mi ha detto “diamogli una vitalità inaspettata”. Così è nato il mio dott. Modo, che è capace di essere serio, leale, ma anche irriverente nei confronti del regime e per questo mai timoroso di esternare le sue idee antifasciste». In più Ianniello-Modo piace molto alle donne, il che - specie per chi fa questo mestiere - non guasta mai: «sì, pare sia un sex symbol - ammette divertito - il mio personaggio tratta l’altro sesso con gentilezza, come le prostitute, un mondo che lui conosce bene e di cui non fa mistero, ma non giudica mai quelle donne che alla fine donano amore e dolcezza pur rimanendo schiave».

Intanto tra pochi mesi Ianniello tornerà ad un’altra delle sue passioni, la scrittura: dopo il romanzo d’esordio “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin” nel 2015, con cui ha ottenuto il Premio Campiello e “La compagnia delle illusioni” nel 2019, entrambi editi da Feltrinelli, con la stessa casa editrice è in arrivo un romanzo sul caso del piccolo Alfredo Rampi, scomparso a soli 6 anni il 13 giugno 1981 dopo essere rimasto intrappolato in un pozzo per 3 giorni: «a 40 anni dai fatti ho cercato di capovolgere il modo di raccontare la tragedia di Vermicino, per chiedermi e chiederci dove sia finita la nostra capacità di innocenza, quell’Alfredino che è rimasto in ognuno di noi». E tra i progetti futuri, oltre alla nuova serie di “Un passo dal cielo” con Terence Hill e la regia di Enrico Oldoini che andrà in onda ai primi di aprile e un film coreano girato in Marocco, la cui uscita nelle sale è slittata a causa del Covid, c’è un desiderio: «da giovane avevo due sogni, lavorare con Servillo e Moretti, ho esaudito entrambi, ma non disdegnerei di tornare sul set soprattutto con l’ultimo». Parola di “uno splendido cinquantenne”, come direbbero i fan del dottore Modo.

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