Ranchos Palos Verdes-Orlando, dall’inferno al paradiso. Umano, umanissimo («anche troppo», direbbero i suoi seguaci), Tiger Woods si ripresenta oggi e domani sul green nella Pro-Am del Pnc Championship in programma nel weekend e catalizza magicamente ancora una volta l’attenzione dello sport, di cui è stato star con le clamorose cadute e le ancor più mirabolanti risalite. Stavolta, Tiger, 46 anni il 30 dicembre, riappare dieci mesi dopo l’incidente d’auto del 23 febbraio quand’è uscito di strada a 140 orari doppiando il limite di velocità e fratturandosi in più punti le preziosissime gambe. Già numero 1 del mondo per 264 settimane di fila più altre 281 dall’agosto 1999 all’ottobre 2010, co-primatista di titoli Pga Tour (82, come Sam Snead), secondo come Majors solo a Jack Nicklaus (15 a 18), col miracoloso ritorno a un trionfo Slam, al Masters 2019, a undici anni di distanza dall’Us Open 2008, il Fenomeno che ha cambiato il golf diventando il secondo atleta più pagato di sempre, con 2.1 miliardi di dollari (contro i 2.62 di Michael Jordan), ha scelto di ripresentarsi nella gara a squadre con un campione e un familiare. Ancora col figlio Charlie, che diede spettacolo dodici mesi fa. L’ha annunciato su Twitter l’8 dicembre e l’ha confermato con la sua presenza: «Anche se è stato un anno lungo e impegnativo, sono estremamente eccitato di chiuderlo gareggiando al Pnc Championship con Charlie. Giocherò da papà e non potrei essere più entusiasta e orgoglioso».
Ma come sta Tiger? Dopo le fratture a tibia e perone della gamba destra, è appesantito da viti e perni alla caviglia e al piede, ma è più disponibile. Ora che si è tolto la corazza ed è estremamente vulnerabile, ora che non è più “The Big Cat” che terrorizzava gli avversari anche solo indossando maglietta rossa e pantaloni neri, sorride molto più di prima. E sicuramente questi quattro giorni che trascorre insieme al figlio sono la parte migliore della fuga da alcol, farmaci e problemi, ma soprattutto da se stesso: il Fenomeno che rifuggiva l’espressione che aveva dato di sè - «“Cabilnasian”, cioè caucasico, nero come papà, indiano ed asiatico come mamma thai-cinese» -, l’uomo di ghiaccio che sfoderava sempre il colpo giusto al momento giusto, sbaragliando avversari e operazioni - a ginocchia, schiena e tendini d’Achille -, il super-uomo che ha mandato all’aria il matrimonio per una grave dipendenza dal sesso denunciato da dodici accompagnatrici (tutte peraltro bionde come la moglie), l’uomo debole e confuso che, ubriaco di cocktail, ha causato più incidenti stradali.
Dieci mesi fa, quand’è stato estratto dalle lamiere della sua auto distrutta, ha dichiarato: «Sono fortunato ad essere ancora vivo.