Roma, dal 7-1 di Spalletti a Manchester a quello di Garcia col Bayern: ecco le partite della vergogna

Roma, dal 7-1 di Spalletti a Manchester a quello di Garcia col Bayern: ecco le partite della vergogna
di Alessandro Angeloni
Sabato 1 Maggio 2021, 07:30 - Ultimo agg. 11:06
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La sconfitta è una cosa, l’umiliazione è ben altro. Paulo Fonseca quando perde, lo fa male: la sua squadra non gioca, sia arrende e spesso prende in faccia la valanga. Non è riuscito a trasmettere al gruppo una mentalità da grande. La Roma crolla al primo accenno di difficoltà, di rado ha tenuto botta. Con l’Ajax ad esempio c’è riuscita, anche con una buona dose di fortuna, specie ad Amsterdam. E spesso crolla quando meno te lo aspetti, quando sembra aver superato certe fragilità. La partita di Manchester è l’emblema: il crollo è avvenuto in una situazione di vantaggio. Nell’ultimo decennio, solo con Luis Enrique, all’epoca novizio, aveva subito questo tipo di pesanti umiliazioni, senza fare differenze, contro grandi (Juve) e piccole (Lecce, Atalanta, che non era a questi livelli), quella Roma ha chiuso il campionato (dopo essere stata eliminata dallo Slovan Bratislava ai preliminari di Europa League e dalla Juve nei quarti di Coppa Italia) settima con 56 punti. L’anno dopo, con Zeman (e Andreazzoli), sesta con 62, ma con la finale di Coppa Italia persa contro la Lazio. La Roma di Fonseca, che ha 55 punti, rischia il tracollo, restando fuori da una decente competizione europea, dal momento che le motivazioni sono finite e la squadra rischia di mollare con cinque giornate ancora da giocare (più il ritorno con lo United). Lo score contro lo United cancella quanto di buono fatto fino a quel momento nella competizione. La Roma di Fonseca, contro le big, è stata disastrosa, con le piccole trend altalenante. Il primo scricchiolio, lo scorso anno: Paulo torna da Reggio Emilia con un poker subito dal Sassuolo, quella fu la sera dello strappo con Petrachi. Da lì, altre due sconfitte di fila contro Bologna (in casa, 2-3) e a Bergamo (2-1), poco prima del lockdown. 
POST LOKDOWN
Alla ripresa, pesanti le cadute con Milan e Udinese, entrambe per 2-0, per non parlare poi della fine della stagione con la debacle di Duisburg (2-0) contro il Siviglia, una gara, mai giocata davvero.

Caratteristica comune, al di là del risultato: la Roma non è stata mai in partita in queste occasioni. Così come, e siamo alla stagione attuale, a Napoli (4-0) Bergamo (4-1), per non parlare del 2-4 negli ottavi di Coppa Italia contro lo Spezia (trasformato in 0-3 per l’errore grossolano nelle sostituzioni commesso dal tecnico e dal team manager - poi allontanato - Gombar). Altro 3-0 non a tavolino, ma sul campo, quello nel derby contro la Lazio. Fanno parte della storia recente, le cadute di Parma, di Torino e quella di Cagliari. Una volta la Roma, le piccole, le batteva tutte, ora nemmeno quelle. Ma sei/sette reti è roba eccezionale e, purtroppo per la Roma, Fonseca non è l’unico a uscire con le ossa rotte in Europa (e non solo). E’ toccato, come noto, a Spalletti con il 7-1 all’Old Trafford e poi a Garcia, con il Bayern in casa, ne ha incassati sempre sette, e Rudi poi ne ha presi sei anche a Barcellona. Di Francesco ha cancellato il 4-1 del Nou Camp con il leggendario 3-0 nella sfida di ritorno, ma poi è tornato da Liverpool (semifinale di Champions) con cinque reti sul groppone, per non parlare del tremendo 7-1 in Coppa Italia subito in casa di una Fiorentina non certo stellare: «Il pallone è quello giallo, il pallone è quello giallo», cantavano i viola, quando ancora gli stadi erano fatti di persone e non di paura e vuoti. C’è un qualcosa che non quadra in questa galleria dell’orrore: l’allenatore umiliato non è sempre lo stesso. Problema di dna? Forse. Curabile? Chissà. Ma avanti il prossimo. Si ricomincia.

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