Le vecchie glorie dello scudetto
30 anni dopo il 10 maggio 1987

Le vecchie glorie dello scudetto 30 anni dopo il 10 maggio 1987
di Pino Taormina
Giovedì 11 Maggio 2017, 20:34 - Ultimo agg. 20:56
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Casoria. Il San Mauro non è il San Paolo. Ma alla stessa ora, trent'anni dopo, molti degli eroi di quella storica giornata sono di nuovo sullo stesso campo di gioco. Uno al fianco dell'altro. Uno abbracciato all'altro. «Ma mica io sono vecchio come loro, però» scherza Ciro Ferrara con la sua solita verve. Certo, non c'è Maradona; non ci sono Garella, Romano, Ferrario, Bagni e Carnevale ovvero un bel pezzo di quella squadra-scudetto. E non c'è neanche Ottavio Bianchi. Ma gli altri, quasi tutti gli altri, sono tutti qui. E quelli che non ci sono hanno comunque mandato un messaggio o hanno un motivo per essere assenti. «Quello scudetto ci ha reso amici per la pelle», dice Raffaele Di Fusco che aveva il ruolo di parare le punizioni di re Diego alla fine di ogni allenamento. «Ed erano fucilate: ti poteva pure dire dove le calciava, tanto segnava lo stesso». Per la rimpatriata in ricordo dello scudetto del 1987, il primo dopo 61 anni di inutili inseguimenti, quelli del Napoli avrebbero voluto giocare nello stadio di Fuorigrotta. Ma non ci sono riusciti: «Chissà che festa sarebbe stata, sono sicuro che sarebbero venuti in tantissimi», dice adesso Bruno Giordano. 
 

 

Casoria ha accettato di ospitare questa partita amarcord tra quel Napoli tricolore («esatto, non chiamateci vecchie glorie», dice Volpecina) e una rappresentativa di giornalisti e artisti. Ed è per tutti come aprire l'album Panini della propria memoria. Pagina dieci o giù di lì. E guardare le figurine muoversi su quel prato. Sono quelli dello scudetto, quelli che tanto, troppo tempo fa, hanno regalato a Napoli la soddisfazione di arrivare più in alto di tutti. Anche più della Juventus. I tifosi li guardano, li cercano, e li riconosce quasi tutti anche se il tempo ha cancellato il fisico da calciatori. Ma non importa, gli eroi non crescono mai. Perché per molti questi sono stati gli eroi di bambini, quelli che hanno fatto sognare e hanno fatto coronare un sogno. 

Ehi, c'è anche Filardi. Te lo ricordi? dicono i tifosi dandosi di gomito. E quello è Carannante? «Sì, era il terzino sinistro, era proprio forte. Giocava anche nell'Under 21». Che pomeriggio, quello vissuto a Casoria. Con un migliaio di persone, di più non entravano, che ha vissuto l'emozione di poter toccare le figurine del proprio cuore. «Guarda, quello è Renica. Come è ingrassato. No, non ci credo, quando giocava era uno spilungone. Ti ricordi quel cross con la Sampdoria e Maradona che fece gol di testa?». 

Storie che si intrecciano. Ricordi e nostalgia. C'è Puzone. E quello, quello chi è? Mah, forse è Muro. Chissà se è proprio quello che chiamavano Murodona e che vendettero alla Lazio. E poi Cimmaruta, che all'epoca era il più piccolo di Soccavo. «Campioni per sempre», urlano dagli spalti. I volenterosi organizzatori di questa giornata decidono di mettere a tutti il nome sulle spalle, come se fossero giocatori di oggi ma ognuno di loro viene riconosciuto senza difficoltà. Hanno le magliette azzurre, con una tinta che ricorda molto quella indossata l'anno dello scudetto. Sul petto la scritta: 10 maggio 87. 

La tribunetta del piccolo stadio è strapiena ma se non fosse per quelle bandiere con l'immagine di quella formazione di quel Napoli che gli stessi giocatori e i loro accompagnatori portano con sé, non ci sarebbero tanti vessilli azzurri sugli spalti. La partita doveva iniziare alle 18, ma sono abbondantemente passate le 19 quando la partitella ha inizio: la coppia d'attacco di mister Bruscolotti (già perché Palo e fierro va in panchina visto che ora è un robusto monumento di se stesso, col fisico da bodyguard e un cuore di zucchero) è inedita e affascinante. Ovvio, c'è Bruno Giordano, qualche chilo in più ma per il resto tale e quale all'attaccante scatenato che faceva ammattire i difensori prima con la Lazio e poi con il Napoli; e al suo fianco Ciro Ferrara che di professione ha sempre fatto il terzino destro ma visto che appare quello fisicamente più in forma viene piazzato più avanti. E così, il primo gol lo realizza proprio Ferrara, su assist di Giordano. E di chi sennò. 

C'è aria di festa, le telecamere sono a bordo campo, spesso entrano pure in campo. «Io juventino? Non rinnego la mia esperienza con quella maglia, ma nessuno dimentichi quello che ho vinto con la maglia azzurra», dice Ferrara replicando infastidito a un gruppetto di tifosi che prova a fargli perdere le staffe. Senza riuscirvi. 
Il guardalinee, poverino, prova a farsi rispettare, in questa sbornia di entusiasmo a bordo campo: «Capisco che è una festa, ma spostatevi almeno dietro le panchine». Macché. Non a caso, o forse sì, al gol di Ciro Ferrara risponde un gol della rappresentativa chiamata a fare da sparring partner, quella dei giornalisti campani. Finisce 1-1. Esattamente come quel Napoli-Fiorentina di 30 anni fa. E quando finisce tirano tutti un sospiro di sollievo. Di Fusco in porta, in ogni caso, farebbe ancora la fortuna di qualche buona squadra di Lega Nazionale Dilettanti. E Muro conserva i suoi colpi ad effetto. 

Sul volto di Bruno Giordano, che già in mattinata si era commosso ricordando la cavalcata trionfale dell'87, torna a spuntare una lacrima. «Non posso farci nulla.
Sono troppi i ricordi di quel giorno, sono troppe le emozioni che quel campionato si porta dietro». Il finale è di Bruscolotti, quello che più di tutti ha voluto riunire questo gruppo che è ormai leggenda. «Quando Maradona viene in Italia, mi chiama sempre per una rimpatriata, non facciamo che parlare di loro dei vari Volpecina, Renica, Ferrario... mi sono commosso a stare con loro. Ho vissuto un giorno straordinario». 

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