Nola, ragazza brutalizzata salvata dalla suocera: «Mio figlio è violento»

Arrestato un 21enne, la compagna denuncia: «Mi sbatteva la testa contro le pareti»

IL TERRORE La fuga dei giovani dalla piazza di Nola durante il raid con l’auto contro tavolini e folla
IL TERRORE La fuga dei giovani dalla piazza di Nola durante il raid con l’auto contro tavolini e folla
di Carmen Fusco
Mercoledì 24 Aprile 2024, 23:30 - Ultimo agg. 25 Aprile, 18:20
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Le mani strette intorno al collo, la testa sbattuta ripetutamente contro l’armadio, la spinta lungo la scala a chiocciola della casa prigione, le ciocche di capelli strappate e poi gli insulti, pesanti proprio come i maltrattamenti perpetrati per anni nei confronti della ragazza che diceva di amare. È finito in carcere dopo averla già scampata in un’altra occasione quando, con la stessa aggressività, prima tentò di soffocare la sua giovane compagna e poi si scaglio con la sua auto a tutta velocità contro i tavolini di un bar e i passanti che incrociò tra piazza Duomo e via Giordano Bruno, nel cuore del centro antico di Nola. Ventuno anni, un passato di dipendenza della droga e di aggressioni, alcune denunciate e poi ritrattate, è accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate.

Indagine lampo della Procura di Nola, diretta da Marco del Gaudio, e affidata ai carabinieri della compagnia di Nola coordinata dal maggiore Gerardo De Siena che con i militari della stazione di Cimitile hanno fatto vedere la luce in fondo al tunnel ad una giovane donna di Nola che ha sopportato per anni i soprusi di un compagno violento che spesso si è accanito anche contro la propria madre e che per poco non ha fatto pagare alla propria donna con l’alto prezzo della vita il peccato di essere innamorata. È, infatti, proprio questo ciò che emerge dallo sfogo della giovane che l’ultima volta è finita in ospedale con seri danni all’orecchio e all’occhio oltre che con una serie di ferite causate dall’ultima, incredibile aggressione. E lui, il giovane di Cimitile che da ieri è stato messo in condizione di non fare più del male, se la sarebbe cavata di nuovo se non fosse intervenuta proprio sua madre che ha convinto la ragazza a ricorrere alle cure dell’ospedale, dove poi è scattato l’allarme.

Trenta giorni di prognosi per la vittima che non è riuscita nemmeno a tirare fuori un filo di voce per raccontare il suo dramma ai carabinieri. Poi, tassello dopo tassello, la ricostruzione di una sequenza lunga almeno un anno che ha trasformato una relazione sentimentale in un inferno. «Lo amavo», ha raccontato poi la giovane ai militari quando ha ritrovato la forza ed il coraggio di raccontare il suo calvario e per spiegare il motivo che l’ha spinta al silenzio e soprattutto a non scappare da suo carceriere che chiudeva la porta di casa a chiave per non farla scappare.

Il cuore, il forte legame provato nei confronti del compagno, ma anche la paura che potesse fare del male anche ai suoi familiari, a cominciare dalla mamma malata e dai due fratelli. 

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Ragioni che hanno spinto per 12 lunghi mesi la donna a non reagire, ad asciugarsi le lacrime ed il sangue pur di andare avanti dicendo a se stessa che quelle botte fossero le ultime, proprio come quelle dosi di droga delle quali il suo uomo, pur dicendo di volersi disintossicare, non riusciva a fare a meno. L’ordinanza con la quale il Gip del Tribunale di Nola Teresa Valentino ha disposto la misura del carcere accogliendo la richiesta della Procura di piazza Giordano Bruno sembra un film dell’orrore. Poi la liberazione: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto».

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