Benevento: la ripresa delle aziende è timida, in 12 mesi hanno chiuso in 500

Ma timidi segnali di aumento nell'ultimo trimestre

Benevento: la ripresa delle aziende è timida, in 12 mesi hanno chiuso in 500
di Antonio Mastella
Venerdì 28 Luglio 2023, 09:53 - Ultimo agg. 09:54
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Contenuti ma significativi i segnali di dinamismo manifestati dall'universo produttivo sannita nel secondo trimestre dell'anno in corso nel rapporto tra le aziende che aprono e quelle che lasciano. Sono risultate iscritte nel registro della camera di commercio 35145 imprese; erano 35012 alla fine dei primi tre mesi. Se ne contano dunque 133 in più dovute alla differenza tra le 223 che hanno abbassato definitivamente le saracinesche e le 356 che le hanno alzate per la prima volta. È quanto emerge dall'analisi statistica trimestrale «Movimprese» sulla natalità-mortalità aziendali condotta da Infocamere per conto di Unioncamere sugli archivi camerali. Vale sottolineare che il numero delle imprese attive sul territorio è purtroppo ancora lontano da quello definitosi nello stesso periodo preso in esame ma dello scorso anno. Nei secondi tre mesi del 2022, infatti, erano 35629; in dodici mesi, pertanto, 484 imprenditori hanno abbandonato il campo.

«Ma sono certo - commenta Claudio Monteforte, presidente della piccola industria di Confindustria del Sannio - che il fondo sia stato toccato. Siamo ora in una fase di assestamento su cui si può e si deve costruire una solida ripresa». Il recupero ha interessato l'intera regione. Pur configurandosi le percentuali di crescita in termini di prefissi telefonici, non c'è provincia, in ogni caso, che non abbia chiuso il trimestre analizzato positivamente. Nella classifica dei risultati, il primo posto spetta a Napoli che ha conosciuto un incremento dello 0,48%. Seguono, a pari merito, Salerno ed Avellino con lo 0,42%; in quarta posizione Benevento con lo 0,38%. Fanalino di coda Caserta, fermatasi allo 0,36%. Puntando i riflettori sui singoli comparti attraverso cui si concretizza la capacità produttiva locale, si scopre che sono tutti in positivo, ad eccezione dell'industria. Il successo più lusinghiero è stato conseguito dal settore dei servizi, peraltro l'unico sempre contraddistinto dal segno più. Al 30 giugno, con uno sviluppo dello 1,14%, risultavano operative 8082 realtà rispetto alle 7991 del trimestre precedente. «Ma non eccita più di tanto il dato - avverte Antonella Rubbo, della segreteria provinciale Cgil - dal momento che si tratta di ingressi nel terziario dovuti alla esternalizzazione, cui ricorrono ormai anche le grandi aziende. È un esito, pertanto, che non leggo come un input all'occupazione e meno che mai come una spinta solida e duratura a creare la ricchezza che nasce dalla produzione.

A dirla tutta, poi, si nutrono anche seri dubbi sulla corretta applicazione dei contratti di lavoro».

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Un passo in avanti lo ha compiuto il commercio. Dopo mesi di contrazione, dall'indagine è venuto fuori che si è verificata una risalita dello 0,21% con 7218 esercizi a fronte dei 7203 dei primi 90 giorni del 2023. Anche in questo caso, tuttavia, c'è chi getta acqua sul fuoco degli entusiasmi come Gianluca Alviggi, alla guida della Confesercenti provinciale: «Non si tratta di effettive new entry ma, in gran parte, di imprenditori che si riciclano dopo avere chiuso. Non è un vero, naturale turn-over. Oggi - sottolinea . non ci sono gli scenari per nutrire la ragionevole speranza di ripresa delle partite Iva». Sedici imprese in più si segnalano per l'agricoltura, passate da 10538 a 10555 e +0,16%. «È un dato di assestamento - osserva Gennarino Masiello, vicepresidente nazionale di Coldiretti - dopo due anni tremendi di ridimensionamento provocato da pandemia e guerra. Si sta andando verso il consolidamento, da sostenersi con contratti di filiera che stabilizzino le relazioni di mercato». È «cauto» l'ottimismo di Antonio Casazza, presidente provinciale di Confagricoltura. «Anche se esiguo, è un segnale da prendere in considerazione. È l'effetto del Psr. Bisogna però andare oltre questo strumento che è ottimo comunque. Abbiamo bisogno di interventi che rendano strutturale la risalita per garantire la continuità da una generazione all'altra nella consapevolezza che l'agricoltura è fonte di reddito non occasionale». L'orizzonte è roseo per il «mattone». Continua il progresso: si contano 3766 ditte oggi, 20 in più di quelle esistenti tre mesi addietro; +0,51% la percentuale. «Lo si deve al perdurante effetto del superbonus - puntualizza Mario Ferraro, presidente dell'Ance di Confindustria - ma anche ai lavori pubblici. L'ampliamento origina da nuovi ingressi determinati anche dalla diversificazione tecnica e giuridica di imprese già presenti». L'industria, infine, perde per strada 12 unità passando da 2546 a 2534 segnando un -0,47%. «Per risalire è la ferma convinzione di Monteforte occorre sburocratizzare ma anche consolidare le agevolazioni fiscali e ridurre il costo del lavoro. Solo così si recupererà in pieno la voglia di rischiare ed investire per creare lavoro ed occupazione». 

 

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