«A scuola di cultura araba per dire no alle generalizzazioni e all'ignoranza»

«A scuola di cultura araba per dire no alle generalizzazioni e all'ignoranza»
di Laura Cesarano
Sabato 21 Novembre 2015, 13:29 - Ultimo agg. 16 Novembre, 12:47
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Cordoglio e lacrime, ma anche bestialità e generalizzazioni che certo non aiutano, come sa bene chi da tempo è impegnato in prima linea per un’integrazione da costruire sulla roccia della conoscenza e non sulla sabbia dell’emotività.
Don Nicola Lombardi, sacerdote e preside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose «S. Pietro» di Caserta, quello dove si formano gli insegnanti di religione, di ritorno dal flash mob davanti alla Reggia, lo ribadisce e rilancia, bacchettando social e mezzi d’informazione. «Le culture sono altro dai titoli a sensazione». All’Istituto di scienze religiose per il terzo anno, contro le generalizzazioni e l’ignoranza, propone un corso di lingua araba e cultura arabo-islamica. Come va?
«Il corso è in continua crescita e raccoglie l’interesse di scuole del territorio, istituzioni civili e militari, forze dell’ordine. È nato proprio dall’esigenza di avvicinare le persone a un mondo e a una cultura che spesso suscita diffidenza proprio in quanto non conosciuto».
Diffidenze che in momenti come questo aumentano.
«Si sa che si dice: non tutti gli islamici sono terroristi ma tutti i terroristi sono islamici. Ma che vuol dire? Potremmo affermare la stessa cosa dei camorristi: sono tutti battezzati, dunque cristiani. In momenti delicati come questo bisogna fare attenzione all’emotività anche da un altro punto di vista: non dimentichiamo che la Francia non è l’unica, in queste ore, a essere finita vittima dei terroristi. Eppure sui social network si vedono solo bandiere francesi. E gli altri Paesi colpiti? L’impegno è proprio quello di combattere la disinformazione, le chiusure e le generalizzazioni attraverso la conoscenza. Ed è quello che facciamo attraverso i corsi, aperti a tutti, tenuti da Paola Cascone, giornalista per lungo tempo in Egitto e impegnata in network del mondo arabo e dall’insegnante libanese Boutros Naaman. Spesso abbiamo lezioni tenute da intellettuali arabi, scrittori, registi di cinema, persone che vengono a dare il loro prezioso contributo alla conoscenza. Prima ancora di questa apertura avevamo già un corso sull’islamismo, a solo beneficio, però, dei futuri insegnanti di religione, sempre più alle prese con classi multiculturali e multireligiose».
A proposito, dopo il Crocifisso in classe anche l’arte sacra diventa un problema.
«Il punto è che per integrare non bisogna togliere, ma aggiungere. Non bisogna togliere il Crocifisso, peraltro simbolo universale per l’umanità sofferente, ma semmai aggiungere la Mezzaluna. Non è sincretismo ma integrazione».
Dal suo osservatorio come vede la città rispetto a questi temi?
«Noi siamo impegnati da venti anni anche attraverso le iniziative del comitato ”Città di Pace”. È una città che deve fare attenzione a non farsi strumentalizzare. C’è, come ovunque, un filone un po’ razzista, ma anche tantissimi buoni esempi. E poi c’è una grossa fetta di indifferenza, e anche a quella dobbiamo rivolgere il nostro impegno».
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