Polo calzaturiero, accordi con gli impresari romani

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di Marilù Musto
Domenica 11 Dicembre 2016, 09:55
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CASERTA - C’era la segretaria del polo calzaturiero che raccoglieva la tangente al clan dei Casalesi e la metteva nelle mani del presidente del polo, ma per alcuni imprenditori c’era lo «sconto» grazie alla loro vicinanza ai boss Michele Zagaria e Antonio Iovine. Al racconto dei pentiti, però, il gip Eliana Franco non ha creduto e ha rigettato la richiesta di arresto per Carlo Benigno, Raffaele Andreozzi e Giuseppe Chianese, tre imprenditori - Benigno è il presidente del consorzio - gestori di capannoni del polo di Carinaro. Questo, almeno, è ciò che emerge nell’ordinanza di rigetto della misura cautelare per nove persone, impugnata dalla Procura di Napoli, Dda. Tra le pieghe dell’inchiesta spunta anche il nome dell’ingegnere Spezzaferri, presidente dell’Aversa normanna, considerato, dal pentito Massimiliano Caterino «legato a Nicola Fontana (cugino di Caterino) cognato di Antonio Iovine». Ma Spezzaferri con il settore calzaturiero non c’entra, spiega Iovine. Accuse non supportate da prove, quindi inutili.
L’inchiesta sul polo calzaturiero di scontra e si incontra anche con le elezioni politiche ad Aversa. Lo dice il collaboratore di giustizia Nicola Cangiano, il quale però agli occhi del gip non rivela una verità «estrinseca». In ogni caso, il pentito ipotizza che la consigliera comunale di Aversa «Imma Lama è stata eletta avendo partecipato, peraltro, alla festa di ringraziamento che si è svolta al borgo di Aversa e ho notizia che anche un’altra persona è stata sostenuta elettoralmente nelle lezioni 2007-2008, si tratta di Nicola Andreozzi, figlio di Raffaele detto o’russo, titolare di importante fabbrica di scarpe a Teverola. Sia Marco Musto che, a casa di Montanino Borriello, un tale Nicola, ex finanziere, mi dissero che avrei dovuto desistere dal chiedere l’estorsione perché Andreozzi - racconta Cangiano - era vicino a Iovine, al punto che prospettai di uccidere Musto».
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