Fellini, ritratti erotici dalla città delle donne

Al Blu di Prussia esposta una raccolta di disegni del grande regista che confessava con ironia il fascino per le grandi curve

In bianco e nero
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di Giovanni Chianelli
Domenica 14 Aprile 2024, 07:14
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Federico Fellini e l’eros, una storia celebrata, ma anche banalizzata. Il grande regista che si fa piccolo al cospetto della maestosità delle sue muse giunoniche, maggiorate, gigantesche, inarrivabili come Anita Ekberg in «Le tentazioni del dottor Antonio» (episodio di «Boccaccio ‘70») davanti a cui soccombe il povero Peppino De Filippo, l’artista immenso confuso dalle grazie sovrabbondanti delle sue attrici incarnato da Marcello Mastroianni in «La città delle donne», smarrito al cospetto della napoletana e formosissima Donatella Damiani. Malie e immagini che gli amanti del genio riminense troveranno amplificate nei suoi disegni, raccolti nella mostra «Federico Fellini. Disegni erotici – fotografie dal set», in programma alla galleria Al Blu di Prussia dal 18 aprile.

Ventinove tavole, a volte appuntate su fogli di taccuino, realizzate dal regista che era nato come vignettista e che continuerà, da artista affermato, a esprimersi con segni e colori negli storyboard delle sue pellicole e in una produzione per lo più privata – che dopo la morte ha dato vita a varie esposizioni, su tutte quella sui suoi dipinti onirici – mentre coltivava amicizie e collaborazioni con grandi del fumetto come Milo Manara da cui sarebbero venute fuori le opere, che ancora non si chiamavano graphic novel, Viaggio a Tulum e Il viaggio di G.Mastorna, detto Fernet.

L’esposizione presenta anche alcune fotografie di scena da «La città delle donne» scattate da Patrizia Mannajuolo, esponente della famiglia titolare di Al Blu di Prussia.

Oltre a essere un omaggio al rapporto tra Fellini e il femminile la mostra è pure una dedica alla passione che aveva il cineasta per l’arte figurativa; all’insegna della leggerezza, malgrado l’audacia di alcuni disegni, come ricorda Mario Pellegrino, direttore artistico della galleria: «Spero che nessuno si scandalizzi e che il pubblico riesca a cogliere l’ironia dei tratti felliniani». 

Sfilano in pose spesso più che spinte donne nude con forme immense, seni spropositati e fondoschiena extralarge di cui si possono ipotizzare i riferimenti, intravedendo nelle figure le immagini di Magali Noel e Maria Antonietta Beluzzi, rispettivamente la Gradisca e la tabaccaia di «Amarcord», oppure in Sandra Milo la sagoma femminile alle prese con un fallo gigante titolata «Psicologa a lavoro», e nella Ekberg un’altra biondona desnuda; invece è esplicito, dalla dedica autografa accanto, il richiamo alla Damiani di un'altra tavola: «A Stefano con simpatia, Donatella dopo l’operazione«.

Nelle sequenze è quasi sempre presente una donna enorme, dominatrice e un uomo piccolo che soccombe o non sa da dove iniziare: «Mah, qui ci vorrebbe qualcuno che se ne intende» scrive l’autore alle prese con un sedere spropositato di una bruna; in un altro disegno è ritratto un personaggio famoso: «Benigni e la nonna» è il titolo della vignetta che ritrae l’attore toscano stilizzato, preso in braccio da un’anziana nerboruta, ai tempi di «La voce della luna». 

Alcuni ritratti sono castigati, tra cui quello in cui viene rappresentata Giulietta Masina, nel periodo in cui si stava girando «Ginger e Fred». E anche in un’altra il soggetto è vestito di tutto punto, è una giovane riccia con l’aria sorridente. Si legge «A Daniela con amore, lo ziaccio»; Fellini parla della nipote Daniela Barbiani, proprietaria della collezione di disegni e curatrice con Pellegrino della mostra: «I disegni erano tra le testimonianze della nostra complicità. Ho lavorato ai suoi ultimi 4 film come assistente alla regia e posso dire che il momento del disegno era uno dei suoi strumenti per creare feeling sul set». La Barbiani, figlia del cugino di Fellini, si è occupata di parte dell’eredità artistica del regista, curando il volume Federico Fellini. Dizionario intimo per parole e immagini e realizzando mostre in giro per l’Europa sulla collezione che conta un centinaio di tavole. È la prima volta che la porta a Napoli: «Fellini con questa città aveva un rapporto privilegiato. Quando doveva fare casting di solito non si muoveva, quando si trattava di farlo con napoletani voleva venire a tutti i costi in città. Ci ritrovava tutta l’irresponsabile gioia che era anche sua e che è un tratto distintivo di questa giocosa esposizione».

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