Pensioni, uscita anticipata su misura: in campo anche le banche

Pensioni, uscita anticipata su misura: in campo anche le banche
di Luca Cifoni
Mercoledì 20 Aprile 2016, 09:18 - Ultimo agg. 21 Aprile, 00:59
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«Flessibilità nelle scelte individuali» e «sostenibilità finanziaria». Nel minuscolo capoverso del Documento di economia e finaza dedicato alle pensioni sono indicate chiaramente le due direttrici che il governo sta seguendo in materia di previdenza, in vista della prossima legge di Stabilità. Allo studio di Palazzo Chigi e dei ministeri dell'Economia e del Lavoro c'è un ventaglio di ipotesi accomunate da una caratteristica comune: offrire soluzioni personalizzate in base alle diverse esigenze, che non incidano sui conti pubblici.

Per questo si fa strada l'idea di coinvolgere oltre ai lavoratori stessi, eventualmente chiamati ad accettare una certa penalizzazione come contropartita dell'accesso anticipato alla pensione, anche le aziende (in quanto interessate al ricambio generazionale) e le banche che potrebbero anticipare una parte delle risorse in cambio di un'adeguata remunerazione. Il tutto in un contesto in cui il governo intende tornare a spingere la previdenza complementare. Per farlo l'esecutivo potrebbe fare marcia indietro sul recente incremento della tassazione dei rendimenti, ed aumentare la deducibilità fiscale dei versamenti. Ma non è esclusa neanche l'ipotesi di rendere obbligatorio e non più facoltativo il trasferimento ai fondi integrativi del Tfr (che quasi nessuno ha voluto in busta paga), mentre resta in campo il progetto di spostare sul secondo pilastro alcuni punti di contribuzione obbligatoria nell'ambito di una riduzione strutturale del costo del lavoro.
 
PROBLEMI DI CASSA
Insomma, il progetto che sta prendendo forma somiglia abbastanza poco a quel che hanno in mente ad esempio i sindacati, i quali continuano a sollecitare una sostanziale pur se parziale revisione generalizzata della legge Fornero. È molto difficile che qualcosa del genere si concretizzi. Il problema del governo non è solo garantire l'equilibrio finanziario di lungo periodo, ottenuto dalle riforme che si sono succedute dagli anni Novanta in poi e sono culminate nella legge di fine 2011; si tratta anche di evitare che nell'immediato si pongano problemi di cassa, per la fuga verso la pensione di lavoratori in precedenza bloccati.

LA DECURTAZIONE
Dunque sullo sfondo resta uno schema che permetterebbe l'uscita a 62-63 anni in cambio di un assegno tagliato: ma il 2 per cento di decurtazione annua ipotizzato nella proposta perlamentare dell'ex ministro Cesare Damiano (ed altri) non è sufficiente a evitare che si aprano falle nel bilancio pubblico, mentre l'applicazione a tutti gli eventuali interessati del calcolo contributivo (una generalizzazione della cosiddetta opzione donna) rischia di risultare poco appetibile in quanto oneroso per gli interessati. Si lavora così a raffinare un'altra formula già presa in considerazione, quella del prestito previdenziale: il lavoratore che vuole uscire prima accetta una sorta di assegno provvisorio (sui 700-800 euro al mese) che poi restituirà a rate una volta divenuto un pensionato a pieno titolo. Ma nelle ultime versioni del progetto il sacrificio per il dipendente dovrebbe essere ridotto dall'intervento dell'azienda (in chiave di staffetta generazionale) o di una banca. In questa stessa ottica potrebbe essere potenziato con ulteriori risorse il meccanismo del part time agevolato che sta per entrare in vigore. E sempre soluzioni ad hoc potrebbero riguardare i lavoratori di particolari settori nei quali è oggettivamente difficoltoso restare in attività, per i quali si valuta l'ammissione al regime dei fondi usuranti (che prevede l'uscita con il vecchio meccanismo delle quote): il relativo fondo finora è stato sfruttato solo in parte e nel tempo le sue risorse sono state destinate ad altre finalità.

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