Scandalo Mose, spunta il nome di Brunetta. Baita: «Accontentato con 50mila euro»

Renato Brunetta (Lapresse)
Renato Brunetta (Lapresse)
Martedì 10 Giugno 2014, 22:09 - Ultimo agg. 22:10
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VENEZIA - Cinquantamila euro sarebbero stati dati a Renato Brunetta per le comunali del 2010 a Venezia dalla Mantovani.



«Il Consorzio - spiega Baita in un interrogatorio - sosteneva Orsoni. Brunetta era molto risentito. Credo abbiamo accontentato anche lui, in misura minore. L'abbiamo fatto come Adria Infrastrutture,saranno stati 50mila euro, una cosa così..» e «non in contanti».



L'INCHIESTA A 'parlare' nell'inchiesta Mose adesso sono le carte, migliaia e migliaia di atti e trascrizioni di interrogatori raccolti in una quindicina di faldoni su cui adesso dovranno lavorare gli avvocati della difesa. Pagine da cui spuntano decine di nomi, anche di politici o amministratori locali, che non risultano indagati e che affidano a smentite ogni possibile accostamento del loro nome alle indagini in corso. «Non avendo nulla da nascondere e non avendo mai percepito alcunchè, sono in attesa di essere sentito dai magistrati di Venezia, per illustrare la mia posizione e fornire ogni chiarimento richiesto» ricorda l'ex ministro Altero Matteoli, la cui posizione è stata inviata al tribunale dei ministri. Sono pronte una raffica di querele in risposta alle affermazioni messe a verbale nell'inchiesta: anche Gianni Letta e Renato Brunetta, non indagati, hanno dato mandato agli avvocati di presentare una denuncia.



«A sostegno della mia campagna elettorale per le comunali veneziane del 2010 - dice in un passo Brunetta - è stato deliberato un contributo elettorale, e per di più non dal Consorzio Venezia Nuova, regolarmente contabilizzato e dichiarato secondo la legge, e nient'altro». Nelle carte, Piergiorgio Baita, l'ex ad di Mantovani, cita anche Flavio Tosi in relazione a un rimborso dato a Luigi Dal Borgo per un finanziamento regolare che questi avrebbe fatto al sindaco di Verona per 15 mila euro. Tosi ha replicato dicendosi tranquillo e di aver depositato «l'elenco dei finanziatori presso la Procura della Repubblica di Verona per garantirne comunque un autorevole controllo». Inutile cercare eventuali conferme, smentite o precisazioni in Procura. La linea è quella del 'silenziò dopo quella che dagli interessati viene definita una «sovraesposizione mediatica degli uffici».Il Procuratore capo Luigi Delpino - stamani ha avuto un colloquio a 'porte chiusè con l'aggiunto Carlo Nordio e altri Pm - ha dato severe disposizioni affinchè gli uffici siano aperti ai soli 'addetti ai lavorì.



La stampa è stata rigorosamente e garbatamente messa alla porta. In procura si può accedere solo con il pass del personale. Anche le porte tagliafuoco sono state chiuse. Intanto, la 'macchinà dell'inchiesta sul 'malaffarè legato ai lavori del Mose non conosce sosta. Si scava sulla rete dei rapporti per creare fondi neri tra le imprese coinvolte, grandi o piccole e tutte facenti parte della galassia manovrata da Giovanni Mazzacurati; si cercano ulteriori riscontri per supportare il troncone 'politico-affaristicò, quello che chiama in causa ad esempio Giancarlo Galan. La posizione del parlamentare, su cui pende una richiesta di arresto, dovrebbe essere da domani all'esame della Commissione per le autorizzazioni della Camera, ma in procura si respira un clima di attesa. I magistrati devono decidere se accogliere o meno la richiesta di poter rilasciare dichiarazioni spontanee avanzate dall'ex governatore veneto, attraverso i suoi legali Niccolò Ghedini e Antonio Franchini.



Pesa intanto come un macigno su Venezia il risvolto 'amministrativò causato dall'arresto ai domiciliari del sindaco Giorgio Orsoni. L'accusa è finanziamento illecito: soldi che sarebbero stati dati dal Consorzio in campagna elettorale una volta visto che era il 'cavallo vincentè. Ieri, un infuocato consiglio comunale ha dato il segno dell'incertezza politica. A tenere salda la maggioranza c'è la necessità di approvare il bilancio e chiudere altre partite considerate decisive per il futuro di Venezia. Molti dei 'dossier' caldi erano in mano allo stesso sindaco e per questo il vice Sandro Simionato ha chiesto di poterlo incontrare. La procura ha detto di no.