Primo a Manhattan, voglia di pasta
tra gli chef italiani a New York

Fancy Food a New York
Fancy Food a New York
di Luciano Pignataro
Mercoledì 29 Giugno 2016, 20:28 - Ultimo agg. 20:34
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Dimenticare gli spaghetti e meatballs o i tagliolini all’Alfredo. Piatti che gli americani credono italianissimi e che altro non sono che una proiezione falsata della nostracultura dlela Pasta nella Grande Mela. Il primo posto di Massimo Bottura nella 50Best restaurants’, celebrato un paio di settimane fa proprio qui a New York, è solo la punta dell’iceberg di una cucina nuova, che non può più proporsi solo come tradizione ma che al tempo stesso non la può rinnegare o dimenticare. In Italia molti giovani cuochi del Sud per dimostrare di essere fighi propongono il risotto e non sanno neanche più cucinare il simbolo della cucina italiana nel mondo.

La modernità però si presenta su un piano ben diverso: i cuochi italiani interpretano la pasta nel mondo globalizzato tenendo conto della enorme disponibilità di prodotti, spezie, erbe, tradizioni, che non viaggiavano così dai tempi della scoperta dell’America. La protagonista è sempre e comunque la pasta, un vero tapis roulant di sapori.
Lo si è dimostrato in questi giorni nella finale del concorso «Il Primo di Manhattan» realizzato dal Pastificio Di Martino in collaborazione con AICNY, l’associazione italiana chef di New York presieduta da Massimo Carbone, che riunisce circa 200 cuochi italiani impiegati nei migliori ristoranti della città e ha da poco festeggiato il primo anno di vita. L’idea del patròn Giuseppe Di Martino è quella di valorizzare la cultura della pasta, proponendo ai professionisti della ristorazione della Grande Mela di mettersi in gioco elaborando una ricetta ad hoc per la competizione. Unico vincolo: utilizzare uno degli oltre cento formati di pasta di Gragnano Igp che l’azienda campana produce.
Decisamente importanti le presenze e le proposte dei dieci piatti finalisti.

Delle 70 ricette partecipanti ne sonoselezionate dieci che hanno partecipato ad una finale combattuta e nella quale non è stato facile scegliere. Alla fine l’ha spuntata Massimo Sola, ex Eataly Roma, stella Michelin con i Quattro Mori, che ha aperto il Mamo a Soho con una ricetta semplice ed efficace: quasi una carbonara. Ha battuto, veramente di un soffio e con una votazione finale finita 3 a 2, l’idea di Vincenzo Garofano, cuoco del famoso Le Cirque, un piatto goloso che puntava alla conserva di limone con panna e burro. Il piatto di Massimo Sola ha convinto per la finezza e l’eleganza in più.
Gli altri partecipanti sono stati Riccardo Bilotta e Simone Venturini del Ristorante A’ Voce Columbus, Fortunato Nicotra del Ristorante Felidia, Carlo Bigi del Ristorante Il Buco Alimentari, Matteo Bergamini del Ristorante Black Barn, Patrizia Volanti del Ristorante Antica Pesa Williamsburg, Pasquale Cozzolino del Ristorante Ribalta, Matteo Calciati del Ristorante Paola’s.

La finale, che si è svolta alla Ribalta, considerata la prima pizzeria napoletana di New York, ha visto dieci ricette di tutto rispetto e modi non banali di interpretare la pasta, la conferma che si tratta di un elemento indispensabile a caratterizzare l’italianità.

La pasta ha grandi possibilità di espansione sul mercato americano, in primo luogo perché è molto più leggera della gastronomia tradizionale degli Usa, poi perché rende gradevoli e appassionanti anche le ricette vegane. Infine è tipica e al tempo stesso universale. Ecco dunque che questa sfida è diventata una specie di cartina di tornasole della nuova cucina italiana nella Grande Mela che, volenti o nolenti, resta il centro del mondo.
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