Caivano, la mossa del branco: chiesta la messa alla prova. «Quel reato va cancellato»

Sette minorenni e tre maggiorenni nel branco del Parco Verde

La piazza del parco verde di Caivano
La piazza del parco verde di Caivano
di Maria Chiara Aulisio e Leandro Del Gaudio
Martedì 2 Aprile 2024, 22:57 - Ultimo agg. 3 Aprile, 07:10
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Fanno leva sui sette mesi trascorsi in cella, sul periodo in cui sono stati ristretti in carcere, ma anche sulla prospettiva di una lenta riabilitazione personale. Due punti che attraversano le richieste di messa alla prova da parte dei sette imputati nel processo che punta a fare chiarezza sullo stupro di due cuginette, due bambine non ancora quattordicenni. Una vicenda drammatica, raccontata in esclusiva dal nostro giornale, culminata lo scorso settembre in una serie di arresti.

Sette i minorenni finiti al centro delle indagini della Procura dei minorenni, mentre la Procura di Napoli nord punta i riflettori su tre maggiorenni. Due processi in corso, gli imputati si affidano ai riti alternativi: per i due maggiorenni, c’è infatti la richiesta di rito abbreviato, anche alla luce del recente incidente probatorio, nel corso del quale sono state acquisite (e congelate in presenza delle parti) le dichiarazioni delle due ragazzine vittime delle violenze sessuale. Diversa invece la mossa dei minorenni, che di recente hanno calato le loro richieste: hanno avanzato una istanza di messa alla prova. In sintesi, i presunti esponenti del branco si affidano a un istituto giuridico che consentirebbe di dare inizio a un percorso finalizzato a estinguere il reato. Una possibilità che ovviamente può essere definita solo dal gup del Tribunale per i minorenni, dopo aver ascoltato il parere della Procura di Maria De Luzenberger.

Ma in cosa consiste la messa alla prova? Fatte le dovute ammissioni di responsabilità, i minorenni chiedono di intraprendere un percorso di riabilitazione alternativo al carcere.

Un percorso che può durare anche tre anni, fatto di lavoro, corsi di formazione, dialoghi con assistenti sociali, con la presa di distacco progressiva rispetto alle vicende che vedono imputati i sette minorenni. Un tentativo di riabiliazione che deve essere segnato da un comportamento irreprensibile, di fronte al rischio di annullare lo stesso percorso di crescita e di far ripartire l’azione penale, riattualizzando i capi di imputazione.

Di fronte a un esito positivo della messa alla prova, i giovani imputati vedrebbero completamente cancellati i reati e le ipotesi di accuse mosse nei loro confronti. Alla fine dell’iter, i reati sarebbero estinti, chiudendo i conti da un punto di vista formale con una vicenda tanto scabrosa.

La storia è fin troppo nota. Le due bimbe furono violentate più volte da una banda di ragazzini in una zona abbandonata a pochi metri dal degrado del parco Verde di Caivano: più di seimila abitanti, nessun servizio e dodici piazze di spaccio. Furono abusate senza pietà da un branco di teppisti non solo minorenni. Le due cuginette attualmente vivono in una casa famiglia nell’hinterland napoletano dove - su indicazione dei servizi sociali - furono trasferite nei giorni successivi alla denuncia dello stupro. Una decisione presa a stretto giro nel ricordo di una vicenda ancora più drammatica, quella di Fortuna Loffredo, la bambina di sei anni violentata in un appartamento nel parco Verde di Caivano e poi buttata giù dall’ottavo piano dal suo stesso aguzzino. Era il 24 giugno del 2014 quando la piccola morì dopo un volo di dieci metri. L’anno prima era volato giù il fratellino di una sua amica, Antonio Giglio, tre anni appena.

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Le indagini, si diceva, scattarono lo scorso agosto subito dopo la denuncia delle famiglie delle due ragazzine ai carabinieri della compagnia di Caivano. Grazie al racconto delle vittime gli investigatori giunsero alla scoperta degli stupri filmati dagli autori e fatti circolare su chissà quanti cellulari. E furono proprio le analisi dei telefonini degli indagati a fornire i riscontri che portarono alle misure cautelari messe a segno dalle due procure. L’ultimo interrogatorio delle piccole vittime risale allo scorso gennaio, un doppio incidente probatorio deciso dagli inquirenti con l’obiettivo di acquisire altre prove durante la fase delle indagini preliminari.

In quell’occasione le cuginette - ascoltate in un luogo protetto - non solo confermarono tutto quello che avevano denunciato in precedenza, ma aggiunsero anche una serie di dettagli rivelatisi poi fondamentali per l’andamento dell’inchiesta. A seguire la vicenda anche l’avvocato napoletano Manuela Palombi, legale dei due tutori delle bimbe, gli avvocati Marco Buonocore e Maria Teresa De Nicolo.

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