Fibrillazione atriale: esperti a confronto su strategie e appropriatezza terapeutica

Fibrillazione atriale: esperti a confronto su strategie e appropriatezza terapeutica
Giovedì 4 Dicembre 2014, 19:07
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Fibrillazione atriale e sindromi coronariche acute, patologie che nonostante i sostanziali progressi compiuti negli ultimi due decenni, rappresentano ancora una delle principali cause di morte in Italia e nei paesi occidentali in generale.



Ogni anno, infatti, le malattie cardiovascolari uccidono più di 4,3 milioni di persone in Europa e sono causa del 48% di tutti i decessi (54% per le donne, 43% per gli uomini). In Italia, provocano il 35% dei decessi maschili e il 43% di quelli femminili, con un impatto imponente sulla salute pubblica e sulle risorse sanitarie e economiche. Trattandosi di malattie con elevati tassi di morbilità e di mortalità, generano, infatti, elevati costi indiretti (riduzione dell’aspettativa di vita, produttiva e non), e notevoli costi diretti in termini di assistenza sanitaria. La Società europea di Cardiologia e la European Heart Network hanno calcolato un costo per l'economia dell'Ue di oltre 196 miliardi di euro all'anno. Secondo i dati più recenti, le malattie cardiovascolari sono costate nel 2006 circa 192 miliardi di euro, dovuti per il 57% (circa 110 miliardi) ai costi sanitari, per il 21% alla produttività persa e per il 22% alle cure informali (82 miliardi). Le spese sanitarie dirette ammontano a 223 euro all’anno pro capite: sono le malattie che hanno i costi economici, oltre che umani, più elevati d’Europa.



Di strategia e appropriatezza terapeutica nel trattamento del paziente con fibrillazione atriale e sindromi coronariche acute si è discusso al II Simposio Scientifico Cardiologia SUN, presso l’Aula Magna - A.O.
dei Colli Ospedale Monaldi, evento organizzato dai professori Raffaele Calabrò, Paolo Golino e Paolo Calabrò. Un workshop di formazione e approfondimento sulla terapia antitrombotica ed anticoagulante per fare chiarezza sugli obiettivi che il medico deve prefiggersi nella terapia, al fine di ottenere il massimo beneficio possibile per il paziente stesso, raggiungendo il migliore equilibrio nel rapporto tra rischio ischemico (risultato della terapia) e rischio emorragico (eventuale effetto collaterale).
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