Un verdetto atteso, specie alla luce di un dato oggettivo: il presunto boss della faida, l'uomo che a trent'anni voleva rivoluzionare la camorra, svecchiarla e piazzare nei posti chiave gli emergenti, sarà a tu per tu con le accuse rese da un pentito, in passato componente del gruppo di fuoco degli stessi Di Lauro. Ma c'è un elemento in più che carica di suggestioni l'udienza di domani mattina. Nel corso delle indagini sull'omicidio Marino, è stato arrestato e condannato un innocente, un soggetto estraneo ai fatti ma inchiodato dalla denuncia (errata) della testimone oculare.
È il caso di Giovanni De Luise, classe 1981, la cui storia è stata raccontata due anni fa, appena l'ormai ex imputato riuscì ad essere scarcerato (era difeso dall'avvocato Carlo Fabozzo). È rimasto otto anni e otto mesi in cella, condannato come killer, prima che il reale esecutore materiale di quel delitto decidesse di confessare. In questa storia, il pentito si chiama Gennaro Puzella ed è molto simile al malcapitato Giovanni De Luise.
Interrogato dal pm Stefania Castaldi, magistrato del pool anticamorra che per anni ha indagato sugli equilibri criminali dell'area nord, il pentito si tolse un peso dalla coscienza: «Sono io il killer di Massimo Marino, ma al mio posto è stato condannato Giovanni De Luise, un innocente, che sta in cella a scontare una condanna per un delitto che non ha commesso».
Ora resta aperta la questione legata al mandante. Fu Cosimo ad organizzare il delitto in casa Marino? Fu un ordine del boss a scatenare l'inferno contro un parente dei responsabili della scissione della prima ora? In primo grado, i giudici hanno confermato le tesi dell'accusa, domani è atteso il verdetto a carico del figlio di Paolo Di Lauro, da oltre dieci anni detenuto in regime di carcere duro.