Gli arabi a Napoli, intervista a Giovanna Della Posta: «Solo il primo passo per attrarre capitali»

La Ceo della società di investimenti del Mef: Napoli e la Campania hanno i numeri giusti

Giovanna Della Posta con la delegazione araba a Napoli
Giovanna Della Posta con la delegazione araba a Napoli
di Luigi Roano
Giovedì 16 Maggio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 17 Maggio, 07:27
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Giovanna Della Posta - Ceo Invimit società di investimenti del Mef - la delegazione dell’Arabia Saudita è tornata a casa. Qual è il bilancio di questa visita a Napoli alla quale lei ha lavorato per oltre un anno?
«Gli abbiamo fatto conoscere una città che non avevano mai visto e dove non erano venuti nemmeno da turisti: per loro l’Italia è Milano per il business e Roma per il turismo. Ora conoscono anche Napoli. Avevano sentito dire delle cose sulla nostra città che avevano innescato un pregiudizio. E farli venire è stato il primo passo: Napoli non solo non è un posto pericoloso ma c’è anche business, aziende di livello e all’avanguardia sono rimasti incantati da questa realtà imprenditoriale che non conoscevano».

Come si fa a irrobustire questo canale con l’Arabia Saudita e instaurare partnership industriali e commerciali? L’invito a Riad fatto dagli Arabi a Comune e Regione che significato può avere? 
«È un invito di cortesia nel senso che loro già durante la conferenza della Regione sono rimasti impressionati dalla presentazione sulla robotica. Così come quella del Comune sulla Apple e Bagnoli e ancora del Tarì. L’invito a Riad sta a significare: venite ora a vedere quello che siamo noi. C’è l’invito a vedere i ragionamenti fatti. Ma la sostanza di questa visita è - mi lasci dire - un’altra».

Vale a dire? 
«Abbiamo aperto una porta per Napoli sul mercato internazionale degli investimenti. La visita della delegazione saudita avrà una grande risonanza: dalla porta che abbiamo aperto ne possano arrivare altri di investitori, sia da quella parte del mondo che da altre.

La città si è mobilitata in maniera eccezionale nella sua interezza e con tutte le sue forze per rappresentare al meglio le sue possibilità. Il dato sostanziale è la porta che è stata aperta per Napoli e la risposta della nostra città è stata eccezionale, ma bisogna lavorare per fare partnership non solo con i sauditi ma con tutti gli investitori. Certo, siamo partiti da quelli più corteggiati al mondo, abbiamo messo l’asticella molto alta».

Quindi sta dicendo che è processo lungo quello di attrarre investimenti? 
«Siamo noi che dobbiamo trasformare in dossier interessanti quelli che sono stati sottoposti alla delegazione saudita. Il lavoro più grande da fare è questo. I capitali ci sono, ma devono generare valore e chi investe vuole certezze di qui ai prossimi decenni. Io ho fatto più 200 presentazioni per un investimento che abbiamo a Milano, e ad oggi hanno chiesto l’accesso alla documentazione 45 investitori che però hanno investimenti per 10mila miliardi di euro e io al momento posso offrirgli un investimento da 1 miliardo. In questo parterre non ho arabi, almeno non ancora, direi ma questo per dire che bisogna lavorare su tutti i Paesi così. Oggi il mondo degli investimenti gira anche attorno all’Arabia Saudita e la loro presenza qui significa mettere Napoli sul percorso degli investitori, e non aspettare che gli investitori passino di qui. Abbiamo cambiato marcia. Per noi è stato molto bello sentire dire al capo delegazione dell’Arabia Saudita Kamel Almunajjed: avremmo dovuta farla prima questa visita a Napoli».

E quindi cosa bisogna fare? 
«L’evento che abbiamo fatto in città è un fattore di attrazione per altri investitori. Le faccio un esempio, in Italia abbiamo stock di investimenti esteri per 447 miliardi, ma la Germania ha stock per 1000 miliardi e la Francia è seconda in questa graduatoria. Quando si ha un differenziale di 500 miliardi perché queste risorse sono andate altrove a noi non resta altra possibilità che fare debito. Noi dobbiamo riuscire ad attrarre capitali da altre parti del mondo, sono loro la nostra vera alternativa al debito».

Napoli che ruolo può avere in questo scenario? Il “nuovo paradigma” una campagna de Il Mattino che dati alla mano ha dimostrato che il Sud è il pezzo d’Italia a maggiore crescita la convince? 
«Che il Sud stia facendo tanto e dando ottimi risultati è storia vera, senza dubbio è cosi. Il tema è che noi come Sud cerchiamo di recuperare il gap con il Nord così come il Nord a sua volta cerca di raggiungere le altre economie del mondo. Siamo su un treno in corsa che va sempre più veloce basta pensare dopo il Covid come si è accelerata la competizione».

Ci dica qualcosa in più sul Sud. 
«Per me il Sud è una riserva di valore del Paese e come se noi avessimo dei giacimenti da scoprire, un potenziale solo in parte utilizzato ma proprio per questo sappiamo che ne abbiamo ancora. E vista anche la necessità dell’intera Nazione di crescere, questa riserva di valore è ancora più importante, e va estratta. Per farlo servono competenze e sui mercati internazionali non è come nello sport dove l’importante è partecipare, li o si vince o si perde. Sul mercato dei capitali per vincere serve avere specialità strategiche. È la finanza che fa girare il mondo perché l’idea o il progetto può essere anche bello, ma se non ci monta sopra la finanza resterà sempre e solo un’idea o un progetto».

Secondo lei a Napoli e al Sud servirebbe un’agenzia per lo sviluppo? 
«Invimit può fare questo mestiere perché da noi il percorso si chiude quando arriva il bonifico. Quando abbiamo incassato. Noi non siamo una agenzia ma molto di più. Siamo intermediari finanziari, facciamo affluire le risorse sul Paese».

In questo senso il Fondo Napoli in seno a Invimit è un veicolo per attrarre risorse e capitali? 
«Siamo work in progress, ed è il veicolo giusto per Napoli. Prendiamo - per esempio - Bagnoli: la metti nel Fondo e poi ci monti il progetto a quel punto capisci la redditività, quanti soldi servono e si va sul mercato a cercarli. E poi vendi le quote del Fondo non Bagnoli. Chi acquista mette soldi perché poi vuole la sua redditività. È un approccio completamente diverso da quello tradizionale, specialmente quando la posta in gioco è alta e si cercano capitali importanti, risorse che altrimenti non arriverebbero».

E la parte pubblica a questo punto che ruolo avrebbe? Sembrerebbe addirittura secondaria per importanza non trova? 
«Oggi il Paese fa ricorso al debito perché tutti chiedono contributi a fondo perduto, prima di tutto si chiede allo Stato. Invece io sogno che si possa fare un Pnrr con capitali di investimento pubblici e privati e non solo contributi perché il contributo è debito e noi dobbiamo abbassare la quota del debito è questo il lavoro che stiamo facendo. I Sindaci possono promuovere gli investimenti sul loro territorio, ma poi quando ci si siede al tavolo con gli investitori bisogna avere una struttura del progetto, finanziaria, legale che sia coerente con quello che il mercato dei capitali fa. Non è il sindaco che deve trovare gli investitori, ma siamo noi che dovremmo supportarlo come intermediari finanziari. L’evento con i Sauditi è stato il primo passo di un percorso di avvicinamento al mercato dei capitali e ha dimostrato che Napoli e la Campania hanno i fondamentali giusti, non solo per i Sauditi. Ora bisogna trasformare tutto questo in un percorso, dove l’obiettivo è chiaro, trovare risorse economiche aggiuntive di qualità, e siamo partiti dai migliori al mondo». 

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