Può essere una città rumorosa e colorata, ma anche silenziosa, sfumata, fatta di chiaroscuri. È questa l'idea che Ara Starck - artista parigina, figlia d'arte (di Philippe, designer star, quello dello spremiagrumi Juicy Salif per Alessi, per intendersi), ma lei non ha voglia di parlare del celebre padre - si è fatta di Napoli negli ultimi 2 anni. Ha restituito l'immagine che ha maturato della città in una mostra pensata per Made in Cloister, dove resterà sino al 20 gennaio: creando grandi quadri, dipinti su entrambe le facciate. Nella parte frontale ha riempito la tela con colori e linee vivaci, a rappresentare il lato solare, chiassoso delle strade e le persone che abitano sotto il Vesuvio. «Dall'altra parte c'è il momento lunare, quieto, pensoso del luogo reso da una bozza in bianco e nero», spiega l'artista. Il dark side corrisponde ai primi schizzi del lavoro, lo studio preparatorio che però finisce per avere dignità di opera in sé. Così l'esposizione propone 9 opere, o meglio 18 considerando che sono bifronte, disposte nel chiostro di Santa Maria a Formiello.
D'effetto lo scarto tra le due facce. Le linee gonfie e i colori forti, i tunnel e i percorsi acrobatici che ricordano il caos cittadino contrapposte al retro, quasi un negativo fotografico. Al centro dello spazio un altro lavoro che conferma l'alleanza stabilita tra la Starck e Napoli: un'enorme vetrata mobile colorata, realizzata insieme ad artigiani partenopei come Luigi D'Amore, Umberto Formisano, Gloria Saccone, Caterina Di Gaetano e Vincenzo Castaldo Tuccillo, coordinati da Paolo Gambardella.
La Starck è abituata a lavorare in grande: in passato ha creato una pittura di 145 metri quadrati nell'hotel Meurice a Parigi, un'opera in vetro piombato di 28 metri di lunghezza all'Avenue restaurant di New York, i sipari del teatro Eslava di Madrid. L'allestimento riempie gli spazi del chiostro e di ogni quadro, sistemato su cavalletti in diagonale, è sottolineata la dualità: «L'idea della mostra nasce dallo spazio, mi hanno colpito i diversi strati di storie che sono nel chiostro: gli affreschi, l'archeologia industriale e la ristrutturazione sono stati l'ispirazione. Così come Napoli. Mi ha impressionato il suo traffico e i suoi suoni, poi, all'improvviso, il silenzio che può esserci in un vicolo laterale o in una chiesa». Le opere non hanno titoli ma sono semplicemente numerate con la dicitura Cloister, a evidenziare il fatto che sono state concepite per il sito. Dice ancora l'artista: «La mostra è incentrata su ciò che si vede e ciò che non si vede. Ciò che è coperto e ciò che è rivelato. Ciò che viene detto e ciò che viene sussurrato. Lavorare con gli artigiani napoletani è stato un elemento chiave nella creazione, nutrita dal profondo desiderio di accogliere lo spettatore nel viaggio che abbiamo fatto con i maestri vetrai e falegnami. Per me non c'è differenza tra artigiani e artisti». L'esposizione è visitabile dal mercoledì alla domenica, con orario prolungato fino alle 22 di giovedì.