Beffa città metropolitane Napoli risparmia e ci perde

Beffa città metropolitane Napoli risparmia e ci perde
Mercoledì 15 Aprile 2015, 03:10
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Nando Santonastaso
Che effetto vi fa sapere che la nuova Città metropolitana di Napoli, pur avendo un numero di dipendenti pubblici nettamente inferiore a Milano e Torino (meno di 325 mila rispetto ai 453mila del capoluogo lombardo e agli 835mila censiti nella città della Mole) rischia di subire più tagli delle altre due nel riparto 2015 predisposto dal governo? E restereste indifferenti di fronte al fatto che anche grazie (si fa per dire) a questo parametro, Napoli perderebbe finanziamenti pubblici per le strade pur avendo notoriamente enormi problemi di mobilità e infrastrutture? Retoriche finché si vuole, le domande mettono ancora una volta il dito nella piaga. Ovvero, come documentato dal Mattino, il dito nei criteri scelti dai tecnici che lavorano per il governo per quantificare la sforbiciata a carico delle nove città metropolitane. E che in almeno cinque casi fanno parlare di beffa ai danni di Napoli. Come il gettito Rc auto, nettamente più alto per via delle aliquote e proprio per questo considerato un parametro di ricchezza. Come il numero degli addetti ai servizi pubblici della città metropolitana (ma che c'entra il loro numero nella valutazione se finanziare o meno nuove strade?). E ancora come il peso praticamente nullo calcolato per gli edifici scolastici costruiti in zone sismiche rispetto a quelli realizzati in zone fredde (notoriamente Napoli è una città più esposta di molte altre al pericolo sismico). O come il livello dei redditi da lavoro dipendente, scelto come criterio per misurare il costo delle funzioni generali del nuovo ente (i redditi napoletani e meridionali in genere sono nettamente più bassi della media nazionale e di quelli del Nord). E infine come il parametro, molto tecnico, in base al quale per le funzioni di gestione del territorio si è maggiorato il costo in base allo scostamento percentuale rispetto alla media nazionale dei redditi da lavoro dipendente (in parole più semplici si sono considerati costi più elevati laddove ci sono redditi più elevati, senza che in realtà vi sia alcuna connessione logica tra i due parametri).
Cinque enormi punti interrogativi, sollevati dalla denuncia del movimento «Mo», che nel caso di Napoli fanno 65 milioni di tagli annunciati (e per ora non ridotti) su un totale di 256 milioni, l'ammontare complessivo del salasso previsto per le sole città metropolitane. Paradossi e sconcerto peraltro vanno a braccetto. Restiamo ancora per un po' sulla storia dell'Rc auto: a Napoli assicurare un'auto costa tre volte più di Torino o di Milano e il peso di questo maxi-gettito (oltre 100 milioni di euro) diventa un parametro di «ricchezza», come se sulle strade della Città metropolitana circolasse un numero di auto enorme, smisurato, da record. In realtà le stesse tabelle del governo documentano che il volume di auto circolanti a Napoli rispetto a Torino e soprattutto a Milano (più omologa sul piano degli abitanti) è più o meno identico.
Ma è proprio sul concetto di «ricchezza» che i conti - manco a dirlo - non tornano. Il reddito pro capite, ad esempio: il napoletano della nuova città metropolitana, che in Campania vuol dire ospitare più dei due terzi della popolazione complessiva della regione, ha poco meno della metà del Pil di un cittadino di Milano e insegue da molto lontano la ricchezza di un torinese. Non è una novità, certo: ma se andate a dare un'occhiata, sempre attraverso i dati e le tabelle della nota metodologica, alla voce delle entrate tributarie (relative alle imposte delle ex Province, s'intende, visto che di loro si parla), scoprirete che Napoli «paga» più di Torino, città che invece sul piano dei tagli cederebbe «solo» 20 milioni contro i 65 del capoluogo campano.
Morale: se tagli devono esserci - e nessuno dei sindaci dei nuovi enti si è mai tirato indietro considerata la delicata situazione finanziaria del Paese - è giusto verificarne fino in fondo la credibilità. Anche perché quando si è chiesto alle ormai ex Province di ridurre da sé parte della spesa, è stata proprio Napoli a tagliare di più rispetto a Torino e Milano, chiudendo peraltro il consuntivo 2013 - l'ultimo approvato prima dello scioglimento dell'ente - con un attivo tutt'altro che trascurabile.
È anche per questo che si guarda oggi con un certo interesse al nuovo appuntamento organizzato dall'Anci presso la propria sede di Roma per riprendere la discussione sul riparto dei tagli alle Città metropolitane. Oggettivamente pare poco probabile una levata generale di scudi contro i criteri che mettono Napoli in questa scomoda e ingiusta condizione. Più logico pensare che si andrà alla verifica di come attutire il colpo, trovando tra logiche di compensazione ed altre proposte già sul tappeto (ad esempio l'introduzione di una tassa aeroportuale destinata unicamente agli enti di area vasta), una sorta di compromesso che per Napoli sarebbe comunque al ribasso. Come perequare i dati (che oltre a Napoli hanno fatto venire forti mal di pancia anche a Roma e a Firenze, quest'ultima beffata dopo avere abbassato l'aliquota Rc auto...) non sarà comunque un percorso in discesa. Il perimetro del correttivo, come detto, misura 256 milioni e occorrerà trovare soluzioni che non modifichino i saldi complessivi. Ecco, allora, la necessità di valutare se è possibile trovare risorse aggiuntive, oltre a considerare la possibilità di redistribuire il carico fra le diverse amministrazioni. A far discutere è soprattutto la prospettiva rilanciata dai sindaci di recuperare risorse anche con una tassa di circa due euro per ogni passeggero sui biglietti di aerei e navi; ipotesi, questa, di non facile attuazione, anche perché sembra incontrare la netta opposizione del governo.
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