La Francia chiude la frontiera caos immigrati a Ventimiglia

La Francia chiude la frontiera caos immigrati a Ventimiglia
Domenica 14 Giugno 2015, 03:19
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Elena Romanazzi
Trattati come pacchi e non uomini. Rispediti al mittente. A Ventimiglia è il caos. Su un budello di strada un centinaio di extracomunitari cerca di resistere al muro della gendarmeria francese. Provano a passare il confine e vengono allontanati ad una distanza di sicurezza di 400 metri dalla Francia. Cacciati. E come loro, che sono rimasti in pochi, altri mille hanno avuto lo stesso destino. Erano riusciti ad intrufolarsi, ma sono stati pizzicati e rimandati in Italia. Il confine, lo scoglio da superare per la libertà e per raggiungere i propri cari sparsi nel nord Europa, resta solo un miraggio. L'Italia non protesta formalmente. Lo stesso Viminale sottolinea che «i migranti non possono lasciare l'Italia, le norme non lo permettono». Posizione tattica in vista del vertice dei ministri dell'Interno dell'Ue.
Nei loro occhi c'è tutta l'amarezza e l'incertezza, l'umiliazione di uomini e donne, alcuni dei quali sono stati caricati sui treni, sempre dai francesi, pur avendo un regolare biglietto. Ventimiglia ribolle. Il neo governatore della Liguria Giovanni Toti, è intervenuto sulla vicenda spiegando che la drammatica «giornata è la dimostrazione che tutti i pericoli che sono stati sottolineati ai prefetti circa l'accoglienza nella nostra regione si stanno verificando a discapito della cittadinanza». Il governo - aggiunge Toti - continua a scaricare sui territori il drammatico problema che non è capace di risolvere all'origine.
Ventimiglia e poi Milano. La stazione centrale è stata liberata. Se così si può dire. Il bivacco di centinaia di extracomunitari è stato spostato solo di qualche metro. Da dentro a fuori la stazione dove sono stati rifocillati con risotto alla milanese (non poteva essere diversamente) mentre comune, croce rossa e protezione civile si adoperavano per reperire i posti e allestire in tempi da record una tendopoli per l'accoglienza.
I posti li stanno cercando ovunque. Un gruppo di immigrati (300 persone) verrà spostato ma non prima di giovedì prossimo nel Cie di via Corelli che attualmente ospita 200 persone. Si sta facendo quel che si può. Il sindaco Pisapia ha i nervi tesi. Non è un gioco trovare i posti, quando le strutture sono già full. E la tensione è alle stelle.
All'esterno della stazione centrale, cuore di Milano, ci sono due spazi commerciali (temporary store) delle Ferrovie dello Stato, attualmente vuoti, sotto i portici che verranno utilizzati per dare un posto a sedere agli immigrati. Una soluzione ponte in attesa che vengano messi a disposizione sempre dalle Ferrovie due capannoni in fase di ristrutturazione.
La macchina per affrontare l'emergenza si è messa in moto. Ma è lo spirito ad essere diverso rispetto a ventiquattro anni fa quando all'improvviso i cittadini di Brindisi si svegliarano con ben 27mila immigrati giunti dall'Albania senza avere la minima idea di come affrontare l'emergenza e vennero ospitati, nutriti, vestiti, curati dentro le parrocchie, le scuole, i centri sociali, le palestre. Tutti si mobilitarono per accogliere e non per respingere.
Ora c'è paura. Le malattie. La sporcizia. Si guarda con diffidenza. E se anche a Milano si sono trovate soluzioni per ridurre i disagi la diffidenza dei cittadini aumenta ora dopo ora.
Da Milano a Roma. Gli extacomunitari avevano trovato un riparo alla stazione Tiburtina. Sono stati sgomberati e allontanati. Come è accaduto a Milano alcuni hanno avuto un posto al centro Baobab. Altri sono in attesa che venga costruita una tendopoli che li possa accogliere e che nella tarda serata di ieri ha dato ospitalità a circa una ottantina di persone, le altre, sono circa 70, la tenda la potranno utilizzare solo oggi. Resteranno all'aperto con la possibilità di utilizzare almeno i bagni chimici. Il loro destino lo conosceranno solo nei prossimi giorni. Forse.
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