Concordia, Schettino: «Tra morire e tuffarsi ho preferito la scialuppa»

Concordia, Schettino: «Tra morire e tuffarsi ho preferito la scialuppa»
Sabato 13 Dicembre 2014, 11:44 - Ultimo agg. 21:00
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Abbassa il capo e si commuove per un momento Francesco Schettino quando, stamani, interrogato al processo di Grosseto, ha ricordato le fasi del definitivo ribaltamento della Concordia al Giglio e di come lasciò, su una scialuppa, la nave.

«Purtroppo ci furono persone rimaste incastrate tra i terrazzini - ha detto aggravando il tono della voce e abbassando lo sguardo - Sono momenti indimenticati».







«In quel momento tra morire, tuffarsi, cadere, sono andato sulla scialuppa», ha detto Schettino.



FU COLPA DI ALTRI. Di chi la colpa del naufragio della Costa Concordia e della rotta disperata al Giglio? Di Francesco Schettino? No, ha detto lui: «È stata colpa del team di plancia», cioè degli ufficiali che affiancano il comandante nella navigazione. «Se salivo io sul ponte e loro scendevano tutti, sarebbe andata meglio», ha continuato ieri alzando la voce in aula. Per la prima volta Schettino non è stato trattenuto dai panni pubblici, e scomodi, di imputato di un naufragio che causò 32 vittime.



PERDE LA CALMA. Per un attimo ha perso la calma e ha fatto uscire il tono - alcuni decibel sopra la sua media - di chi è abituato a comandare persone senza indugiare in tanti compromessi. E lo ha fatto rispondendo alle domande dell'ultima parte civile intervenuta, l'avvocato di naufraghi, Alessandra Guarini. «Non è possibile - ha sbottato con ancora più energia replicando al legale - che degli ufficiali non manifestino al comandante che si andava su uno scoglio». E ancora: «Sarebbe stato meglio se fossi andato in plancia alla fine della manovra, a fare il fischio di saluto al Giglio, e li avessi lasciati soli in plancia, questi qui...», aprendo il fianco a un siparietto dato che poi, dalle poltrone del Teatro Moderno, una voce ha chiosato: «Sì, era meglio». «Eh - ha detto Schettino, rafforzando l'accento campano -, tutti scienziati sono ora!».



COLPE DI ALTRI. Di fatto la quarta udienza di interrogatorio (due col pm, poi ieri con le parti civili e oggi con la difesa, e a seguire, domani, la quinta udienza, ancora con la difesa) ha tracciato ancora meglio ciò che Schettino vuole dire: ci sono colpe di altri, Costa spa compresa. «Ho sempre detto che il comandante è responsabile sulla nave, ma è anche vero che dall'Ottocento le regole sono cambiate», ha esordito stamani: «La situazione non è rimasta ferma, bisogna estendere il concetto all'organizzazione», cioè a chi coadiuva il comandante nelle sue funzioni e alla compagnia, coi suoi metodi di lavoro.



NEL MIRINO ANCHE UFFICIALI DI GUARDIA. Così, oltre agli ufficiali di guardia - abbondantemente accusati -, sono entrati nel mirino gli ufficiali di macchina, quelli che lavorano dal pelo dell'acqua alla chiglia, tra sale motori, sale macchine, generatori, magazzini, cambusa e locali logistico-organizzativi da dove si fa funzionare la nave e la vita di bordo. «Non siamo stati in grado come intero team della nave - ma non voglio fare una colpa a nessuno, solo portare all'attenzione -, di avere il polso della situazione dei momenti drammatici che ci furono», ha criticato con forza Schettino.





«Nessuno mi diceva che c'era l'acqua al ponte 0», ha detto Schettino, «mi arrivavano informazioni confuse e parziali», «sui compartimenti allagati», quanti e quali fossero, e sulle avarie agli apparati, «sulla galleggiabilità». In sette ore di risposte in aula - quasi tutte interloquendo coi suoi difensori, avvocati Donato Laino e Domenico Pepe - Schettino ha accusato anche il direttore di macchina Giuseppe Pillon, il 'safety manager' Martino Pellegrini e il comandante in seconda Roberto Bosio: tutti colpevoli - secondo lui - di non avergli dato comunicazioni corrette sul naufragio in atto.



«E sui suoi errori?», gli era stato anche chiesto dalla parte civile. «Sono qui, ho dato la mia disponibilità perchè il tribunale accerti», ha abbozzato una risposta.
Ma Schettino, in fondo, nemmeno oggi ha ammesso una sua mancanza specifica e ha badato sempre a difendersi su ogni circostanza.