Concordia, Costa smentisce Schettino in aula. Ferrarini: «Mi propose di dire il falso»

Concordia, Costa smentisce Schettino in aula. Ferrarini: «Mi propose di dire il falso»
Lunedì 14 Aprile 2014, 12:18 - Ultimo agg. 15 Aprile, 14:14
3 Minuti di Lettura
Il capo dell'unit di crisi di Costa Crociere spa, Roberto Ferrarini, il testimone sentito oggi al processo di Grosseto sul naufragio del Giglio. Ferrarini, 'fleet crisis coordinator' in servizio la sera del 13 gennaio 2012, in aula ha iniziato a rispondere alle domande del pm Alessandro Leopizzi.



Figura-chiave Ferrarini è considerato una figura-chiave per le comunicazioni telefoniche avute col comandante Francesco Schettino nelle ore successive all'urto contro gli scogli e rispetto alle decisioni prese nelle varie fasi dell'emergenza. Ferrarini, già indagato con Schettino, ha patteggiato nel luglio 2013 due anni e 10 mesi per omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose e mancate comunicazioni alle autorità marittime. In aula è presente lo stesso Schettino, imputato unico del processo.




La telefonata E' a Ferrarini che Schettino disse al telefono, subito dopo l'impatto: «Ho preso un fondale basso, sono distrutto». «Roberto, sono passato sotto il Giglio. Il comandante Palombo (ex dipendente della Costa, ndr) mi ha detto 'passa sotto, passa sotto!'. Sono passato sotto e con la poppa ho preso un basso fondale. Sono distrutto. Adesso abbiamo un black-out. Sto facendo fare i controlli».



Ferrarini ha però rivelato durante il processo che «Schettino mi propose di dire alle autorità che a causa di un blackout aveva fatto una collisione. Ma io dissentii fortemente, mi arrabbiai. Era una cosa differente e falsa rispetto a quanto mi aveva raccontato prima, e cioè che aveva urtato uno scoglio e che la nave si era allagata». In pratica, stando a quanto dichiarato da Ferrarini, Schettino gli propose di combinare insieme una versione dei fatti, diversa dalla realtà, da riferire alle autorità marittime. Una versione che desse la colpa del naufragio a un blackout a bordo cui sarebbe seguita la collisione, e non a un errore di manovra come invece accaduto. «Ricordo di aver reagito abbastanza male - ha anche detto Ferrarini - E ho condiviso la stessa reazione con i colleghi nella sala di crisi» a Genova. In merito il pm Alessandro Leopizzi ha fatto ascoltare una telefonata tra Schettino e Ferrarini: Schettino, intercettato, parla di blackout, ma si sente che a un certo punto della conversazione - probabilmente per la reazione di Ferrarini - recede dal suo disegno di convincerlo a dare una versione dei fatti alterata.



Botta e risposta «Lei l'ha mai pronunciata la frase 'Ci mangiano la nave', riportata da Francesco Schettino, quando le chiese di far intervenire rimorchiatori per la Costa Concordia?». «No, lo escludo». Così il capo dell'unità di crisi di Costa spa, Roberto Ferrarini, ha smentito il comandante della Concordia Francesco Schettino rispondendo a una domanda del pm Alessandro Leopizzi. Il pm voleva capire se nell'emergenza erano emerse valutazioni di carattere economico-finanziario circa i costi che la compagnia avrebbe dovuto sostenere in caso di intervento di rimorchiatori, un'esigenza manifestata dallo stesso Schettino nei momenti del naufragio, ancora convinto di portare la Concordia a un ancoraggio.



I rimorchiatori Il pm ha riportato affermazioni fatte da Schettino nella causa di lavoro che lo oppone a Costa spa: Schettino in quella causa disse di aver «palesato subito a Ferrarini la necessità di avere un rimorchiatore ma - parla ancora Schettino -, mi fu segnalato che 'ci mangiano la nave', così decisi di tenere un basso profilo parlando con la capitaneria di porto di black out, cosicché i contratti fossero i meno onerosi possibile per la società». Ferrarini, testimoniando oggi al processo, ha negato di aver mai pronunciato la frase 'Ci mangiano la nave' e anche di non aver ritenuto «una priorità» intervenire coi rimorchiatori, appunto come suggeriva Schettino. Riguardo ai costi, ha aggiunto Ferrarini, «aver chiamato i rimorchiatori non avrebbe comportato nessun onere per la compagnia», «solo al momento dell'utilizzo, 4-5 ore dopo dalla richiesta di intervento, avremmo stipulato il contratto, ma solo se effettivamente avessero effettuato l'intervento» di traino.




Autonomia a Schettino «Non ho lasciato a Francesco Schettino la responsabilità» di gestire l'emergenza del naufragio al Giglio «ma gli lasciai autonomia» di agire e comunque «da lui non ho mai ricevuto una richiesta di prendere io da Genova le decisioni. È paradossale che ora dica di esser stato lasciato solo dalla compagnia», ha aggiunto Roberto Ferrarini. «Il comandante Schettino - ha anche detto - mi disse di essere in contatto con la capitaneria di porto, quindi per me l'autorità marittima era già stata informata da lui».
© RIPRODUZIONE RISERVATA