Berlusconi, fedelissimi in pressing sul Cavaliere: dimettiti prima della decadenza

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi
di Mario Ajello
Domenica 10 Novembre 2013, 09:47 - Ultimo agg. 14:59
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Con Confalonieri si visto ieri, per risolvere insieme all’amico Fedele la grana di Galliani al Milan. E sempre con Confalonieri, con Ennio Doris, con Gianni Letta (da Roma) e con la figlia Marina in questo weekend ad Arcore il Cavaliere sta cercando di trovare la soluzione su decadenza e crisi di governo che ancora non ha (anche se i falchi credono di averlo in pugno) e sarebbe sbagliato dire che si sia convinto del metodo San Francesco o che possa valere anche per lui l’esempio del ”poverello”. Il quale si dimise dalla direzione del suo ordine, con una sorta di atto di auto-decadenza in cui annunciò la propria morte pubblica (sum mortus vobis) e abdicò al governo, sottraendosi a compiti di gerarchia e proprio per questo indicando un’assenza rifondatrice.



Silvio come San Francesco? Ma figuriamoci. E tuttavia, da Marina a Confalonieri, in queste ore, approfittando del fatto che Roma è lontana anche se da Roma arrivano messaggi dei ministri nella stessa direzione, l’inner circle familiare e aziendale sta facendo pressing perché Berlusconi eviti la scelta muscolosa: «Non ti conviene fare la crisi di governo», gli stanno dicendo, come ultimo tentativo prima che crolli tutto.



Il che non significa, naturalmente, accettare in maniera supina la decadenza da parte di Berlusconi. Ma giocare d’anticipo. Dimettersi prima del voto del 27 novembre in Senato - ecco la road map che gli prospettano quelli che gli vogliono bene ma lui come si sa decide sempre da solo - per essere più forte in tutte le partite che si stanno giocando e che si giocheranno nei prossimi mesi. A cominciare da quella sulla grazia.



Niccolò Ghedini l’ha esclusa («Berlusconi non la chiederà mai»), Dell’Utri fa retromarcia («Della questione della grazia non so un tubo»), ma i figli di Silvio stanno insistendo perché il genitore la chieda, qualche ministro continua a pensare che se il percorso viene tracciato bene Napolitano la potrebbe concedere o che comunque non bisogna abbandonare la speranza che possa farlo e lo stesso Berlusconi nel libro di Bruno Vespa si è lasciato sfuggire: «Napolitano farebbe ancora in tempo....». Ma ieri ha anche aggiunto nel pensatoio di Arcore: «Napolitano vuole che faccia il buono, magari dimettendomi da senatore. A quel punto valuterà sulla grazia. Per poi dire di no».



GLI SCHIERAMENTI

E comunque, dimettersi e non farsi decadere sarebbe un modo - gli viene fatto notare - per uscire a testa alta e guadagnare una credibilità da statista responsabile che potrebbe tornare utile al più presto. Oltretutto, loro dicono che, da dimissionato, Silvio sarebbe meno nel mirino dei giudici. Lui ribatte che sarebbe invece più vulnerabile e «adesso stanno e per aggredirmi di nuovo con una nuova inchiesta, Ruby Tre. Danno i numeri!!!!».



Ma ascolta il Cavaliere. E i ragionamenti di Confalonieri e degli altri procedono così: «Non affrontare il voto di decadenza sarebbe un modo per evitare, subito dopo il verdetto di Palazzo Madama, la conta tra lealisti e ministeriali sulla crisi di governo». Insomma, se ti dimetti tieni insieme il partito. Che è la cosa, insieme alla sopravvivenza personale, a cui il Cavaliere tiene di più perché lo rafforza.



LA BELLA MORTE

E ancora: le dimissioni come l’opposto della ”bella morte” del bagno elettorale. «Ma io alle elezioni vinco», contrattacca il Cavaliere parlando ai suoi cari. I quali gli raccomandano di non abbattere l’esecutivo ma lui gli ripete: «Mi ero illuso che Letta potesse fare qualcosa. E invece questo governo fa piccola burocrazia e non politica, è incapace di farsi sentire in Europa, mette tasse e solo tasse, rammenda anzi neanche quello e non riforma».



Ma dimissionarsi, fanno notare a Silvio le colombe sia ad Arcore sia a Roma, è oltretutto una maniera per prendere tempo, è lanciare la palla ancora più in là. Si attiverebbe un iter per l’accettazione delle dimissioni da parte del Parlamento che potrebbe essere lungo e aprire un altra partita. Tutti quelli che voterebbero a scrutinio palese per la decadenza del Cavaliere voterebbero anche per le sue dimissioni?



Il tempo stringe. La mannaia si avvicina. Il re di Arcore che si sente un monarca già quasi decapitato rimugina ossessivamente sul da farsi. Pronto a non rinunciare a nessuna delle scappatoie possibili e ricordando a se stesso che, comunque, lui un vero uomo di rottura non è mai stato. Stavolta lo sarà? O vincerà il pressing della Famiglia e dell’Azienda che oltre a volere salvare lui vogliono salvare se stesse?