Boschi, la Camera boccia la sfiducia. Renzi: per M5S sarà un boomerang

Boschi, la Camera boccia la sfiducia. Renzi: per M5S sarà un boomerang
di Mario Ajello
Sabato 19 Dicembre 2015, 09:48 - Ultimo agg. 26 Dicembre, 19:19
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«Se mio padre ha sbagliato, pagherà». Maria Elena Boschi va al contrattacco nel giorno del voto di sfiducia personale. Nel quale i grillini, che lo avevano chiesto, risultano battuti. Renzi è a Bruxelles. E al termine del consiglio Ue, il premier commenta: «Per M5S questo voto si è rivelato un clamoroso boomerang». La Mari, come la chiamano lui e gli altri renziani, in aula conduce la sua autodifesa così: «Se pensate di farmi paura vi sbagliate». Fa smorfie di fastidio quando Alessandro Di Battista parla di «conflitto di interessi grande non come una casa ma come una banca». Ma la Boschi resta per lo più impassibile, con le braccia conserte, di fronte alle accuse di chi vorrebbe le sue dimissioni.

Si ferma a quota 129 voti favorevoli la mozione di sfiducia. Che viene respinta alla Camera con 373 no. A sostegno del ministro delle Riforme si sono schierati Pd, Ap, i verdiniani di Ala, i fittiani del gruppo Conservatori e riformisti e gli altri gruppi centristi. Forza Italia non ha partecipato al voto. A favore della sfiducia si sono invece ritrovati il Movimento 5 stelle, Lega, Fratelli dl'Italia, Sinistra italiana, i fuoriusciti dal M5s e i civatiani.

NUMERI
Un fronte, però, che sulla carta aveva a disposizione un carnet maggiore di voti: 206 solo considerando i gruppi principali e senza contare i deputati di opposizione che siedono nel gruppo Misto. Tra gli assenti al momento del voto esponenti del M5s come Danilo Toninelli (protagonista dell'intesa sulla Consulta siglata con il Pd pochi giorni fa). Nel Pd, partecipazione massiccia anche da parte della minoranza. «La mozione non aveva alcuna base, perchè non c'è stato alcun atto del governo ad personam. La questione, quindi, non esiste», spiegano i bersaniani a proposito del no alla mozione. Quando il capogruppo dem, Ettore Rosato, prende la parola: partono proteste e buuuu da parte grillina. «Non ho ancora cominciato e già mi contestate?», s'indigna lui. «Fatelo parlare», chiede la presidente d'aula, Marina Sereni. Gli schiamazzi continuano, e quando è arrivato al termine del suo discorso, spegnendo il microfonino Rosato si lascia andare a un gesto molto espressivo accompagnato da un movimento delle labbra rivolto ai grillini: «Ma vaffaaa....». Il pentastellato Di Battista s'atteggia a pugile stile Rocky e mena fendenti: «Lei, ministra Boschi, è il punto d'intermediazione tra la Banca e suo padre. Un ministro deve essere al di sopra di ogni sospetto e lei non lo è. Il fatto che non fosse presente ai consigli dei ministri dove sono stati assunti provvedimenti in materia di banche avvalora il suo conflitto d'interessi e non la protegge».

DOVERI
La Boschi intanto ha parlato così: «Il mio grande conflitto d'interessi raccontato al Paese sono 369 euro in azioni di Banca Etruria e li ho persi tutti. Così come anche i miei familiari, esattamente come il resto degli azionisti, ci ha rimesso e basta in questa storia». E allora, vi chiedo: «Non vi sembra di esagerare con le maldicenze e le bugie?». E poi: «Io non ho favorito nessuno. Ma se sono venuta meno ai miei doveri lo dimostrino». I dem tutti pazzi della Mari, entusiasti del suo discorso mentre lo conduce e anche dopo («Magnifica!»), alle grida pentastellute rispondono: «Fascisti!». E lei, la Boschi: «Non mi fanno paura invidie e maldicenze, e sento l'amicizia e l'affetto di tanti colleghi e cittadini che mi incoraggiano ad andare avanti». E ancora, ai grillini: «Non vi consento di mettere in discussione i miei principi, non ve lo consento».

Poi al momento del voto i berlusconiani escono. E chi resta in aula dà la vittoria alla ministra. La cui immagine, però, non è più quella di prima.

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