Raramente un disegno di legge è stato tanto al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica senza che se ne conoscano i contenuti nel dettaglio. Stiamo parlando del disegno di legge Zan, deputato del Pd e omosessuale dichiarato, contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e disabilità.
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Il punto
Cosa c'è esattamente nel ddl? Va innanzitutto detto che il disegno di legge è stato approvato a maggioranza dalla Camera nel novembre del 2020 e ora si trova alla Commissione Giustizia del Senato, dove il senatore Andrea Ostellari, presidente leghista della Commissione, è anche relatore della legge nonostante sia fortemente contrario. Il Ddl Zan finora è stato osteggiato con toni diversi dai partiti del centro-destra, dalla Cei, la conferenza vescolive italiana, dai movimenti per la famiglia ma anche da piccole ma significative componenti del Mpovimento LGTB (sigla della comunità Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender) come l'associazione Arcilesbica.
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I concetti
Il ddl è composto da una decina di articoli e la sua titolazione ne definisce gli obiettivi: “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
Entriamo nel dettaglio. Il primo articolo è dedicato alle definizione di alcune parole come "sesso" o "identità di genere" già usati dalla nostra legislazione per le leggi sulle Unioni Civili o fra persone dello stesso sesso.
Per “sesso” si intende il sesso biologico o anagrafico come utilizzato anche dalla Costituzione e da varie leggi come quella ad esempio per stabilisce le regole per cambiare sesso o quella sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Per “genere” «si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso»: il ruolo di genere è dunque il sistema sociale costruito intorno al sesso maschile e a quello femminile.
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Per “orientamento sessuale” si intende l’attrazione sessuale o affettiva di una persona, e che può esistere nei confronti di persone del sesso opposto, dello stesso sesso o di entrambi i sess
“Identità di genere” indica dunque la percezione che ciascuno ha di sé in quanto maschio, femmina o altro, indipendentemente dal fatto che abbia affrontato la riassegnazione chirurgica del sesso se la sua identità di genere è opposta a quella del sesso di nascita. “Identità di genere” indica dunque la percezione personale di essere maschio, femmina o altro, indipendentemente dall'operazione chirurgica di passaggio da un sesso all'altro.
La presenza dell’espressione “identità di genere” è uno dei punti critici della legge.
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Gli articoli
Il ddl Zan modifica due articoli del codice penale e amplia la cosiddetta legge Mancino del 1993 che punisce l'incitamento all'odio aggiungendo alle discriminazioni per razza, etnia e religione (già contemplate) quelle per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Prevede poi una serie di azioni per prevenirle. La legge Mancino, è il principale strumento legislativo che ha l’ordinamento italiano per punire i crimini d’odio e dell’incitamento all’odio. Gli articoli 2 e 3 del ddl Zan cambiano gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale.
Il nodo della “libertà di opinione”
Attualmente, l’articolo 604-bis del codice penale punisce «chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico» e chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Punisce anche chi, per gli stessi motivi, «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza» e chi partecipa a organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che incitano alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Ma non modifica la parte dell'articolo relativa al reato di propaganda, che rimane quindi limitato alle «idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico».
In parole povere le modifiche proposye dal ddl Zan non impediscono a chi difende la famiglia tradizionale di continuare a propagandare questa opinione.
Le aggravanti
L’articolo 3 del ddl Zan modifica l’articolo 604-ter del codice penale (previsto dalla legge Mancino) dedicato alle circostanze aggravanti che vengono estese alle discriminazioni fondate su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità.
Gli oppositori al ddl sostengono però che questo tipo di crimini sarebbero già compresi nell’articolo 61 del codice penale che si occupa delle circostanze aggravanti comuni applicabili a qualsiasi reato. E dice che rientrerebbero, precisamente, nell’aggravante che consiste nell’avere agito “per motivi abietti o futili”.
I motivi che stanno alla base dell’omotransfobia, sostengono i fautori della legge, nascono da un odio puntuale perché non colpiscono una persona per ciò che fa, ma per ciò che è, esattamente come il razzismo e dunque chiedono di rafforzare le sanzioni specificandole.
Gli articoli finali del ddl Zan riguardano l’istituzione della giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.
Le fake news
Sul ddl circolano infine molte informazioni parziali. Su una vale la pena fare un supplemento di informazione: il ddl Zan non dà la possibilità a un uomo di definirsi una donna senza una “certificazione” ufficiale: nominando “l’identità di genere” il ddl non regolamenta infatti la transizione di genere.
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