Elezioni Regionali Abruzzo, si vota oggi dalle 7 alle 23 con l'incognita astensione. D'Amico sfida Marsilio

Oggi il voto regionale per 1,2 milioni di elettori

Elezioni Regionali Abruzzo, si vota oggi dalle 7 alle 23 con l'incognita astensione. D'Amico sfida Marsilio
Elezioni Regionali Abruzzo, si vota oggi dalle 7 alle 23 con l'incognita astensione. D'Amico sfida Marsilio
di Francesco Bechis
Domenica 10 Marzo 2024, 00:15 - Ultimo agg. 15:44
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La conferma. O il ribaltone. Il bis di Marco Marsilio, il governatore meloniano di ferro. O l’impresa del professore Luciano D’Amico, già rettore dell’Università di Teramo, federatore di un campo largo quanto inedito, che una volta tanto schiera insieme il riottoso fronte progressista, dal Pd ad Azione, dai Cinque Stelle a Italia Viva. Si gioca sul filo la partita per il destino dell’Abruzzo. Oggi il voto: urne aperte dalle 7 alle 23 per 1,2 milioni di elettori. Poi lo spoglio nella notte.

Con un’incognita, l’astensione, che può pesare come un macigno su una sfida tutt’altro che locale. Giuseppe Conte ed Elly Schlein, decisi a replicare qui, nel cuore dello Stivale, l’esperimento riuscito di un soffio con la vittoria di Alessandra Todde in Sardegna, sperano che oggi si riversi un fiume di elettori alle urne. Il dissenso mobilita, si sa. E può aiutare D’Amico, di questo almeno sono convinti a sinistra, a scalzare il più meloniano dei governatori, quel Marsilio cresciuto e forgiato con i “Gabbiani” di Colle Oppio, nella fucina della destra romana dove si è formata anche la premier. 
Cinque anni fa, l’affluenza fu del 53 per cento.

In calo di dieci punti rispetto alla tornata precedente. C’è un popolo di disamorati della politica che continua a infoltire le sue fila. Ed è il popolo che ora il centrosinistra vuole mobilitare contro lo status quo, puntando agli indecisi che secondo le stime sarebbero quasi seicentomila. 

D’altra parte, nel centrodestra sono convinti che il vento sardo non soffierà anche in Abruzzo. Che l’inciampo sull’isola non si trasformerà in un ruzzolone della maggioranza, un voto locale alla volta, da qui fino al grande test delle elezioni Europee. Consolano i sondaggi che fino a due settimane fa, quando è calato il muro del silenzio elettorale, fotografavano l’uscente in vantaggio sullo sfidante. Ma due settimane, viste dall’Abruzzo che è il vero Ohio della politica italiana - dal 1995 ad oggi nessuna coalizione è riuscita a governare per due mandati consecutivi - sembrano una piccola era geologica. E il pellegrinaggio senza sosta dei leader politici nazionali all’ombra del Gran Sasso - Meloni e Schlein, Salvini e Conte, tutti precettati, comprese seconde e terze linee - sembra confermare la sensazione di una sfida sospesa, con poche certezze. Tutto può fare la differenza. 

LE REGOLE

Le regole del gioco, per cominciare. A queste si aggrappa il centrodestra che sussulta all’idea di un nuovo capitombolo, sulla scia delle regionali sarde perse di pochissimo da Paolo Truzzu. Voto disgiunto: due parole, un incubo ricorrente per la maggioranza convinta che questo sistema elettorale - la possibilità di una doppia preferenza, a una lista e a un governatore ad essa non collegato - abbia deciso il risultato sardo. 

Ecco, qui in Abruzzo gli aspiranti “franchi tiratori” devono rinfoderare i fucili: non esiste il voto disgiunto. Una x sul nome di Marsilio e D’Amico si estende alle viceversa. Niente sotterfugi o cambi casacca: sarà una sfida campale. Gonfiata dal clamore nazionale del voto abruzzese, vero tornante di questa primavera elettorale. Ci ha messo il suo una campagna elettorale incentrata sui grandi nodi del territorio. La sanità, soprattutto. Le liste di attesa, i fondi agli ospedali ancora in ripresa dalla valanga Covid. Poi certo, il terremoto del 2009 e la grande sfida della ricostruzione che da quindici anni muove i consensi alle urne. In una Regione che ha saputo rialzarsi ma ha ancora tante ferite aperte e in alcune città, come nel centro storico de L’Aquila, è un cantiere a cielo aperto. Dunque i veri protagonisti della corrida elettorale: i soldi. Del Pnrr, dei fondi di Coesione europei, della ricostruzione del Centro Italia. Fra promesse solenni - il “miliardo di euro” assicurato da Meloni per realizzare la Roma-Pescara - e accuse incrociate di clientelismo elettorale. Difficile prevedere, mentre inizia il pellegrinaggio ai seggi, quali fattori risulteranno decisivi nell’equazione abruzzese. Quelli locali. Come una geografia elettorale che vede la regione divisa in forti e fortini. L’Aquila è indubbiamente il quartier generale del centrodestra, che qui - nella città amministrata dal Fratello d’Italia Pierluigi Biondi - ha sorpassato di dieci punti il centrosinistra alle politiche del 2022.

E poi ancora Chieti, vero bunker del consenso dei “patrioti” al governo. Da Teramo e Pescara invece può partire la riscossa del campo largo e di D’Amico. Gli assi della manica non mancano. Di qui le liste civiche collegate a Marsilio, affollate di veri e propri campioni di preferenze sul territorio. Di là il fattore D’Alfonso: l’ex governatore del Pd che vanta ancora una rete di consensi capillare e da settimane spiana il terreno al rettore candidato da Pd e Cinque Stelle. La posta in gioco nazionale, invece, è fin troppo evidente. Nei blitz dei leader sui palchi abruzzesi, salvo lasciare prudentemente ai candidati governatori l’ultima arringa prima del voto. Nell’aria frizzante e tesa che in queste ore si respira nei palazzi di Roma, tutti affacciati, oggi, su un solo panorama. 

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