Elezioni, ora è il Colle a dare le carte
il nodo dell’incarico a Bersani

Elezioni, ora è il Colle a dare le carte il nodo dell’incarico a Bersani
di Marco Conti
Martedì 26 Febbraio 2013, 07:53 - Ultimo agg. 12:41
4 Minuti di Lettura
ROMA Ora ci si chiede al Quirinale come a largo del Nazareno, sede del Pd, se non era meglio mandare il Paese alle urne nel novembre del 2011. In un anno i grillini hanno raddoppiato le percentuali e nel frattempo anche la carta del premier-tecnico stata bruciata. Ora dai due palazzi si arriva persino a sperare in una soluzione alla greca. Ovvero che si riesca a mettere su un governo di scopo, con pochissimi punti nell’agenda (costi della politica e legge elettorale), per poi tornare a votare, nelle speranza che gli elettori italiani, si comportino come i greci che sfogarono la loro rabbia nel primo dei due ravvicinati passaggi elettorali.



GOVERNABILITA’

L’esito del voto rappresenta il peggiore scenario per Giorgio Napolitano che, a poche settimane dalla fine del settennato, si ritrova a dover metter mano ad una difficile crisi di sistema politico e istituzionale, senza avere, per ”colpa” del semestre bianco, l’arma dello scioglimento. Il capo dello Stato, anche nell’ultimo scorcio di legislatura, ha cercato di spingere i partiti ad un’intesa per cambiare la legge elettorale che ora consegna al Paese un Parlamento difficile da governare. Gli scenari da incubo che il Capo dello Stato aveva illustrato a tutti i leader di partito, si sono concretizzati.



Se il centrosinistra dovesse confermarsi nel ruolo di primo partito per numero di voti, non c’è dubbio che alla Camera il premio di maggioranza finirebbe quasi col raddoppiare il numero dei parlamentari del Pd. Uno scenario che persino la tanto contestata e mai approvata legge-truffa evitava. A palazzo Madama la situazione è ancora più complicata con un sostanziale pareggio nel numero degli eletti tra Pd e Pdl. Il fosco scenario che si immaginava ci potesse essere un anno fa, dopo le dimissioni di Berlusconi, si è concretizzato ora e ieri sera lo spread ha ripreso a correre mettendo a rischio l’eurozona. Nel Pd la cautela è d’obbligo ma la delusione è palpabile anche perché il partito è sceso, e di molto rispetto alle percentuali del 2008. Ora si attendono i dati finali della Camera e delle regioni dove si votava per il presidente, per valutare bene la distribuzione dei seggi mentre si cerca di interpretare i segnali che filtrano dal Quirinale. Napolitano ha due settimane per capire, insieme ai leader dei principali tre schieramenti, quale e se c’è una soluzione possibile.



INGORGO

Dal 16 marzo, giorno delle elezioni dei presidenti di Camera e Senato, il capo dello Stato ha un mese per trovare la difficile quadra, prima che le Camere vengano convocate in seduta comune per eleggere il suo successore. L’ipotesi di un prolungamento del settennato sembra da escludere come lo stesso capo dello Stato ha fatto intendere più volte. Così come molto difficile è la strada di un’accelerazione della fine del settennato in modo da far eleggere il successore di Napolitano all’attuale Parlamento. E’ probabile che il capo dello Stato offrirà il primo incarico al leader del partito che avrà preso più voti alla Camera. Potrebbe toccare quindi a Bersani tentare di mettere su una maggioranza, ma il segretario del Pd ha più volte escluso un’intesa con il Pdl e lo scouting nei confronti del M5S si scontra con la resistenza di Grillo ad entrare in maniera organica in una maggioranza. Il Pd intende però provarci a coinvolgere il M5S nel tentativo di ripetere l’esperimento di Crocetta in Sicilia. In serata la linea la ufficializza Enrico Letta e la conferma il neo senatore Miguel Gotor: incarico a Bersani e appello ai grillini. Ipotesi suggestiva che però rischia di scontrarsi con il no di Grillo che ieri ha dato del «fallito» a Bersani e Berlusconi promettendo ai suoi di «non fare inciuci».



Al capo dello Stato l’onere di tentare un’intesa che coinvolga i grillini, per un governo che abbia come scopo poche ma indifferibili riforme istituzionali che, come ricordava ieri Stefano Ceccanti, dissinneschino «la mina che è esplosa ieri» di un Senato che ha non solo una legge elettorale diversa ma anche un elettorato diverso.



EUROPA

La politica di austerity fatta da Monti e voluta dall’Europa è il macigno contro il quale rischiano però di infrangersi i tentativi che il Quirinale metterà in essere per dare governabilità al Paese. La tenuta di Berlusconi, divenuta un vero e proprio successo viste le percentuali di un anno fa, e l’esplosione del movimento dei grillini rendono complicata la ricerca di una maggioranza compatta e in grado di mantenere gli impegni presi con Bruxelles. Resta comunque difficile pensare che la legislatura possa andare avanti senza un accordo che contempli anche i grillini. L’emorragia di voti che il Pd ha subito anche in favore di Grillo è una delle lezioni con la quale stanno facendo i conti in queste ore in largo del Nazareno dove le facce scure di Errani, Bindi e D’Alema segnano la fine di una stagione politica.


© RIPRODUZIONE RISERVATA