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«Nell'ultima settimana questi due ragazzi si sono visti due ore, cioè un mezzo pomeriggio. Vuol dire che in questi ragazzi è scattato qualcosa. Voglio ricostruire gli ultimi giorni di vita di Aldo».
ùA distanza di una settimana dall'efferato delitto di Aldo Gioia, il fratello Giancarlo cerca di rimettere insieme i tasselli del maledetto venerdì. Anche gli investigatori stanno lavorando a questo. A cominciare dalla ricostruzione delle ore precedenti all'omicidio e su cosa sia accaduto tra Giovanni Limata, il 22enne che ha sferrato le 14 coltellate, ed Elena Gioia, la figlia 18enne della vittima. La ragazza incontrerà oggi in carcere il suo avvocato Vanni Cerino, che ha presentato istanza al Riesame. Il ricorso si discuterà lunedì prossimo. Una strategia difensiva portata avanti soprattutto per avere contezza degli atti d'indagine.
Il penalista non esclude valutazioni sulle condizioni psichiche della diciottenne. Oggi, dunque, il faccia a faccia a Bellizzi tra Elena e l'avvocato Cerino. «Al momento - evidenzia il legale - è tutto talmente prematuro che qualsiasi cosa potrebbe essere smentita». Le indagini puntano anche a fare piena luce sul rientro di Giovanni Limata nella sua abitazione a Cervinara. Sono state già ascoltate un'amica e la madre, che hanno accompagnato da Avellino alla Valle Caudina il 22enne. Sotto la lente orari, percorsi, telefonate, messaggi prima e dopo l'arrivo delle due donne (che non sono indagate) in città e il rientro a Cervinara.
Saranno ascoltate anche altre persone. Si guarda alla cerchia di amici e conoscenti. Ma non solo.
Gli accertamenti della Squadra Mobile sono stati certosini e hanno interessato anche i cestini dell'immondizia posizionati lungo corso Vittorio Emanuele. L'unica arma ritrovata è stato il coltello rinvenuto a casa del 22enne. È stato proprio il ragazzo ad indicare il posto, mentre gli agenti della Squadra Mobile perquisivano la sua camera da letto. Il pugnale era nascosto in una borsa nera da donna. Anche la famiglia della vittima è convinta che non esista una seconda lama.
«L'arma trovata era una sola. Voglio sperare che non si fosse arrivato a tanto - sottolinea ancora Giancarlo Gioia, fratello della vittima - L'autopsia non ha lasciato dubbi sia sull'efferatezza sia sull'unica arma che è stata utilizzata. Purtroppo in questa vicenda le famiglie distrutte sono tante. E tra queste la famiglia di Giovanni. Ognuno dice ciò che gli è più comodo. Liana è una vedova che ha perso il marito in una maniera così tragica. In più ha una figlia in carcere. Le siamo tutti vicini. Deve esserci stata una parte di Elena che si è ammalata. Elena è stata sempre una ragazzina d'oro. È scattato un meccanismo, una devianza imprevista, incomprensibile».
Giancarlo Gioia mette in risalto anche un altro aspetto: «Posso dire che Aldo è morto da persona dispiaciuta ma non preoccupata. Mio fratello non era preoccupato di cosa poteva succedere a lui e neanche alla famiglia. Se fosse stata una persona davvero preoccupata non sarebbe riuscito ad addormentarsi guardando la televisione. Era dispiaciuto per la frequentazione della figlia con questo giovane, ma non era preoccupato. Non c'erano i motivi per stare in ansia. Elena non faceva uso di droghe, non beveva e non tornava a casa alterata. Sono questi gli elementi che danno preoccupazione a un genitore. Questa è l'idea che mi sono fatto io avendo sentito quotidianamente Aldo. Nell'ultima settimana questi due ragazzi si sono visti due ore, cioè un mezzo pomeriggio. Vuol dire che in questi ragazzi è scattato qualcosa. Ma due giovanissimi che pianificano un massacro e preparano quattro zainetti vuole dire che c'è stato un corto circuito», conclude Giancarlo Gioia.
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