Sanità, il caso ospedale «Landolfi», ​la Cgil non crede a De Luca

Sanità, il caso ospedale «Landolfi», la Cgil non crede a De Luca
Non sono servite le rassicurazioni del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, né la convocazione a Palazzo Santa Lucia dei sindaci di Solofra, Michele Vignola,...

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Non sono servite le rassicurazioni del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, né la convocazione a Palazzo Santa Lucia dei sindaci di Solofra, Michele Vignola, Montoro, Girolamo Giaquinto, e Serino, Vito Pelosi. «Il caso dell'ospedale Landolfi di Solofra resta irrisolto», per Licia Morsa, segretario generale della Funzione pubblica Cgil, che senza mezzi termini definisce le dichiarazioni del governatore come «una mossa da campagna elettorale».


L'ANALISI
Con Morsa prende posizione anche il segretario provinciale della stessa sigla Pietro De Ciuceis: «Il pronto soccorso del presidio solofrano ricorda il sindacalista - è fermo ormai da mesi. De Luca afferma che sarà riaperto e che per la riqualificazione dell'intera struttura è disponibile la somma di circa 10 milioni di euro, a dimostrazione che nessuno vorrebbe chiudere o depotenziare la struttura. Nei fatti però ribadisce De Ciuceis si tratta solo di una mossa elettorale». Una situazione, secondo la Fp Cgil, «paradossale». Morsa e De Ciuceis attaccano: «Negli ultimi giorni abbiamo visto esplodere, dopo anni di letargo, una serie di questioni sollevate dal popolo irpino, prontamente ed efficacemente incanalate in chiave pre-elettorale. Fino a chiarire da parte della Regione che ci sono stati degli equivoci e che, a breve, saranno discussi con i sindaci della zona dove insiste il Landolfi. Lo sapevamo già e abbiamo mantenuto, come ormai è nostra abitudine, un basso profilo. Ma oggi non se ne può più». Nel 2018, come noto, con il decreto regionale numero 29 si decise che l'Asl non fosse più competente per l'ospedale della cittadina conciaria: «Una manovra geniale per eliminare un presidio territoriale trasformandolo in un'Azienda ospedaliera. Si è poi detto che i doppioni nella stessa Azienda non servono. Quindi non si è fatto altro che scatenare tensioni fra il personale delle due strutture. Adesso, dopo quasi due anni, è arrivata la chiamata da parte del governatore ai sindaci. Crediamo che si sia un po' in ritardo. Che siano state fatte delle valutazioni che oggi risultino quantomeno frettolose e che abbiano prodotto danni, forse, insanabili». Per la Fp Cgil sarebbe stato meglio mantenere la gestione in capo all'Asl: «Era meglio far fare all'Asl quello che oggi dovrebbe fare il Moscati. Sarebbe stato meglio avere più attenzione per le aree interne dell'Irpinia in merito ai presidi territoriali».

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Il riferimento è, in particolare, all'attività socio-sanitaria di prossimità: «A tal proposito, nell'ottobre 2018, lo avevamo chiaramente detto al manager del Moscati, che ci aveva prontamente ricevuti, e ribadito per lettera alla manager dell'Asl, che, invece, non aveva avuto tempo per noi». Adesso, è arrivato il momento di riprendere la lotta: «In tutto questo tempo le nostre bandiere le abbiamo tenute arrotolate perché facili da strumentalizzare dall'una e dall'altra parte. In ogni occasione della vita politica e sociale della nostra provincia, dove la politica, ormai, si è impadronita della vita sociale ed è sempre pronta a far diventare strumentale ai suoi fini ogni cosa. Compresi bandi e concorsi interni alle aziende sanitarie della provincia».

LA DENUNCIA

Ora la misura è colma: «Le nostre bandiere tra un po' compariranno sotto i presidi sanitari e in ogni altro luogo dove ci saranno lavoratori che a noi si affiancheranno. Non per chiedere voti, ma per sostenere i lavoratori e i cittadini privati di diritti fondamentali». Non solo Landolfi, sono diverse le questioni da risolvere: «È sempre più probabile uno sciopero dei dipendenti dell'Asl frutto di un cortocircuito regionale che ricade sui diritti dei lavoratori penalizzandoli». Ma la Fp Cgil chiede anche «il riconoscimento di un contratto alla sanità privata, firmato e poi ritirato da gente che campa di pubblico ma affama i suoi dipendenti. La sicurezza di operatori penitenziari e detenuti che, ormai da decenni, è abbandonata e penalizzata. I diritti socio-sanitari, ormai, negati a parte sempre maggiore della popolazione irpina, che vedono distretti e strutture ospedaliere sempre meno capaci di dare rispose coerenti ed efficaci». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino