Tullio De Piscopo: «Il mio groove per voi»

Il musicista: «Finalmente ritorno in questa bellissima città»

Tullio De Piscopo: «Il mio groove per voi»
«'A musica è 'a vita» è questa la dichiarazione di amore di Tullio De Piscopo. Ne ha superate tante salendo le scale del successo e vincendo...

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«'A musica è 'a vita» è questa la dichiarazione di amore di Tullio De Piscopo. Ne ha superate tante salendo le scale del successo e vincendo anche contro il cancro. Quelle bacchette sono incollate alle sue mani e da quel palco non vuol più scendere. Stasera (alle 21) porterà la sua storia al Teatro Partenio nell'ambito della rassegna I colori della musica.

«Finalmente ritorno in questa bellissima città». Il legame con Avellino è forte. L'ultima apparizione il 28 novembre 2019 al Gesualdo insieme all'amico Tony Esposito per conto dell'associazione Babbalrum di cui De Piscopo è l'artista simbolo.

«Sto portando nei teatri italiani la cronistoria della mia vita artistica. Batteria, canzoni, blues, jazz, ma anche aneddoti legati agli incontri che hanno costellato la mia carriera». Su tutti quello con Pino Daniele. Uno dei suoi cavalli di battaglia lo ha scritto proprio lui: Stop Bajon. «È stato il primo rap italiano. Ce lo siamo inventati io e Pino». Parla di un'Italia che stava cambiando. Diventava, nel benessere, più egoista: Tengo a televisione trentasei canali e non me ne frega nulla, ma anche A ggente ca te guarda nun se ne fotte e niente.

«Era un pezzo con una dedica particolare ai ragazzi di Nisida: Ma quanno ascimmo fora sarra' primavera».
La sua batteria lo ha portato al fianco dei più grandi: Chet Baker, Quincy Jones, Gerry Mulligan, ed in Italia, Mina, Celentano. Dieci Lp con Jannacci, 12 con Astor Piazzolla, De Piscopo è nei credits de L'era del cinghiale bianco di Battiato ed in quelli di Rimini di De Andrè. Ma all'inizio è stato difficile farsi accettare: «La cosa più pesante sai qual era? Essere terrone. Ma non ce l'hanno fatta a smontarmi. Ero stanco di sentire i miei di notte parlare di affitto, di bollette, di soldi che mancavano per comprare le scarpe. Mi ripetevo: questo a me non dovrà capitare!».
E di sogni ne ha realizzati: «Abbracciavo nel letto Percussion bitter sweet, l'Lp di uno dei monumenti della batteria: Max Roach. Poi, nel 1989, ho suonato nel suo gruppo».

La musica di De Piscopo è stata sempre senza padroni: «Discografici e produttori volevano decidere ogni aspetto della tua vita. Li ho mandati via tutti. Pensa che non volevano che insegnassi. Stare con i ragazzi mi ha aiutato a mantenere i piedi per terra». Ascolti complicati: «La musica sul telefonino è improponibile. Come fai ad apprezzare un passaggio di flauto o un basso? Voglio il giradischi di una volta. Ho le casse dell'impianto stereo che non funzionano. Dov'è un elettrotecnico che me le ripara?».
Cosa sarebbe stato senza Andamento lento? «Quel brano è ribattezzato in Santo Andamento Lento. Mi ha dato la possibilità di comprare una casa dove ancora abitiamo».

Pino manca: «Ricordo il primo incontro con Pino. Lui voleva che ascoltassi il suo Terra mia. C'incontrammo a Port'Alba davanti all'antica pizzeria. Erano gli ultimi giorni del 1977. Doveva essere un incontro di un'oretta. Si protrasse da mezzogiorno a mezzanotte». Il futuro è al fianco dei giovani e sul palco: «Qualcuno vuole incidere Andamento lento anche in Europa ed anche negli States. L'ultima a cimentarsi in una cover è stata Serena Brancale». Morto Troisi. Viva Troisi: come il film tv in cui il grande Massimo ironizzava ed esorcizzava la morte, così De Piscopo s'immagina il dopo: «Penserete alla mia batteria, al ritmo, al groove. Canterete E fatto è sorde'! E? o Vieni vieni con me. Scherzi a parte, dieci anni fa mi avevano dato solo 6 mesi di vita. Ora non voglio perdere nessuna occasione per essere ancora sul palco».
 

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Il Mattino