Morto dopo la lite alla festa, a processo il cantante e i suoi amici

Morto dopo la lite alla festa, a processo il cantante e i suoi amici
Dopo la condanna a sedici anni di Silvio Sparandeo, 29enne di Benevento ritenuto l'omicida di Antonio Parrella 32 anni, deceduto in seguito alle ferite riportate durante una...

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Dopo la condanna a sedici anni di Silvio Sparandeo, 29enne di Benevento ritenuto l'omicida di Antonio Parrella 32 anni, deceduto in seguito alle ferite riportate durante una festa di compleanno nel luglio del 2107, ieri processo bis davanti al Gup Simonetta Rotili a carico di quattro imputati che secondo l'accusa avrebbero cercato di intralciare le indagini per ricostruire le fasi della lite finita in tragedia. Si tratta dei beneventani Umberto Sferruzzi, 30 anni, Gianluca Peluso, 28 anni, Michele Meoli, 28 anni, alla festa esibitosi come cantante, e di Francesco Napolitano, 52 anni, di Moiano. I quattro erano ritenuti responsabili di favoreggiamento per aver ostacolato, con le loro dichiarazioni, l'attività investigativa. In una precedente udienza il pm Francesco Sansobrino aveva confermato l'imputazione di favoreggiamento per Sferruzzi e aveva modificato l'imputazione in false informazioni agli inquirenti per gli altri tre: Peluso, Meoli e Napolitano. A loro si aggiunge Corrado Sparandeo, 32 anni, al quale è stata contestata solo la violazione della misura della sorveglianza speciale a cui era sottoposto. Sferruzzi, Peluso, Meoli e Napolitano subito dopo il ferimento di Parrella, poi deceduto all'ospedale Rummo, erano stati ascoltati dagli agenti della Squadra Mobile impegnati nel ricostruire l'accaduto per individuare chi aveva aggredito Parrella e provocato le ferite poi rivelatesi mortali.

 
Ai quattro sono state addebitate dichiarazioni non veritiere rese agli agenti. Queste alcune delle versioni fornite: «Non so né chi, né dove Parrella sia stato aggredito», «non ho visto nessuno picchiare Antonio», «non ho nemmeno sentito dire che è stato picchiato», «non mi sono accorto di nulla», «non c'è stato alcun litigio non ho incontrato nessuno», «quando sono iniziati i fuochi sono salito con la mia famiglia sul terrazzo superiore». Affermazioni, però, smentite dal personale della Squadra Mobile, che aveva provveduto a sequestrare le immagini riprese da alcune telecamere del ristorante dove era avvenuta l'aggressione. Inoltre altri elementi di prova contro i quattro sono stati acquisiti attraverso intercettazioni, perquisizioni e verifiche sui cellulari. Nel corso delle indagini sull'omicidio Parrella sono state appurate anche delle violazioni alle prescrizioni contemplate dalla sorveglianza speciale di cui era destinatario Corrado Sparandeo. Nell'udienza di ieri i cinque sono stati difesi dagli avvocati Antonio Leone, Gerardo Giorgione, Vittorio Fucci, Nico Salomone, Maria Cristina Carracciolo. Il Gup Rotili ha poi rinviato tutti a giudizio in un'udienza fissata per il 28 novembre. Il pm Maria Dolores De Gaudio aveva chiesto il rinvio a giudizio per tutti.


Sono state proprio le telecamere del locale ad aver avuto un ruolo determinante nel ricostruire l'accaduto e non solo per i cinque imputati di ieri ma anche per definite le responsabilità di Silvio Sparandeo. Parrella, era rimasto ferito il 26 luglio durante la lite in un ristorante alla periferia della città, morendo poi il giorno successivo al «Rummo», a causa delle gravi ferite riportate. Parrella, al termine di un litigio avvenuto sulla terrazza inferiore del ristorante con altri invitati, aveva provato a sfuggire al suo aggressore allontanandosi dal luogo dell'alterco. Dopo aver percorso diversi metri, il giovane era scivolato in una scarpata nei pressi dell'ingresso del ristorante. A quel punto Silvio Sparandeo, anche lui caduto sulla ghiaia del parcheggio, si sarebbe rialzato e avrebbe raggiunto la vittima iniziando a colpirlo con pugni alla testa e al corpo, mentre il giovane si trovava a terra. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino