«Fosse accaduto a me, avrei pianto. Sono fatti che fanno male al cuore, queste famiglie sono lasciate troppo sole», dice Piero Chiambretti, a proposito del bimbo di...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Il suo spot è stato girato intorno a queste parole chiave: «Siamo autistici, mica fessi».
«Durante le riprese, ho frequentato bimbi e ragazzi speciali e incontrato genitori preoccupati ma i problemi legati alla malattia non devono condizionare le loro vite».
E invece, la storia «amara», come l'ha definita la mamma del bimbo di Cavezzo, nel Modenese, dimostra che accade il contrario.
«Ne avvengono cento, non una, purtroppo. Io sono un padre fortunato perché ho una bimba che non ha problemi di salute, ma posso capire il dolore che avrei provato in una situazione simile: sì, avrei pianto disperatamente senza farmi vedere da mia figlia».
A Napoli l'associazione Tutti a scuola ha ideato una festa, Giochi senza barriere, come risposta a un invito mancato a bimbo disabile da parte dei compagni di classe. Ma, dalle gite scolastiche alle occasioni di lavoro, bambini e ragazzi autistici sono ancora esclusi. Perché?
«Né gli adulti né le istituzioni attraverso tutti i mezzi, di comunicazione e non solo, riescono a trasmettere oggi quel senso di normalità che è importante dare anche in situazioni di estrema fatica nel quotidiano».
E le famiglie restano sole.
«Sono lasciate sole e spesso la solidarietà è solo di facciata. Di strada ne è stata fatta poca».
Come reagire? Occorre ripartire dalla scuola o quali interventi suggerisce?
«Non basta una sola iniziativa, ne servono in tutti i campi. A scuola, coinvolgendo i genitori, ma anche con i bambini va fatto un lavoro importante».
Ci sono realtà, ad esempio nelle scuole del Vomero, dove tutti gli allievi autistici vengono presentati dai neuropsichiatri ai compagni perché possano capire il loro linguaggio e quindi interagire.
«I bambini di oggi saranno gli adulti di domani. È decisivo un intervento a tappeto».
Stando a contatto con i bimbi dell'istituto Cottolengo, quali storie le sono rimaste nel cuore?
«Non una sola, ma parlarne sarebbe facile retorica».
Che cosa l'ha colpita, allora?
«Innanzitutto, il coraggio dei genitori: hanno una forza straordinaria nel prendersi cura dei loro bimbi e ragazzi e nel e superare gli inevitabili momenti di scoramento nella giornata dovuti a problemi tanto seri».
Eppure, non può bastare.
«Non possono dimenticare una preoccupazione che mi è stata riferita da tutte le famiglia durante ogni incontro per lo spot: Quando saremo anziani, chi si occuperà di loro?»
È la paura più grande, quella del dopo di noi.
«È un timore estremamente profondo: deve essere un problema nostro».
Oltre lo spot, quale messaggio vuole mandare?
«Spero che comunicare il mio disappunto, il dispiacere e l'imbarazzo per quanto accaduto al bambino di Cavezzo possa aiutare a far capire che tutti noi dovremmo provare questo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino