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Ai tempi di Amanda Gorman, poetessa conosciuta più per il suo cappottino giallo che per i suoi versi, più per la selezione da Champions League dei traduttori che per i componimenti, viene da pensare ai nostri poeti laterali: a Sandro Penna che assonnato e distante risponde a Mario Schifano che lo filma, e legge le poesie meno note, che meno piacciono, e risponde anche al telefono; a Victor Cavallo che urla per la Garbatella, a Valentino Zeichen che stirandosi una camicia rimpiange le donne che sapevano farlo e poetizza anche lo slalom tra un bottone e l’altro; alla divina Patrizia Valduga alla sensualità dispensata declamando a memoria; a Patrizia Cavalli che pensa che poetessa faccia ridere, e si dice poeta; a Raffaello Baldini e Ivano Ferrari capaci di tirar versi dai muri e farne musica. Viene da pensare a quando la poesia stava in mezzo al quotidiano, e non era roba da Casa Bianca. E, per fortuna, che l’ignoranza dei nuovi poeti, tutti impegnatissimi a versificar socializzando, non li porta a scoprire le meravigliose classificazioni di Roberto Bolaño nella prima pagina de “I dispiaceri del vero poliziotto”: salterebbero indignati, non conoscendo l’ironia.
Il Mattino