Rischia il processo Mimmo Lucano, il sindaco di Riace finito ai domiciliari lo scorso ottobre con l'ipotesi di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e poi esiliato...
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Le sole accuse ipotizzate dalla procura che secondo il giudice Domenico Di Croce trovano riscontro riguardano i presunti matrimoni di comodo, organizzati dall'ex sindaco consentire a immigrati senza permesso di soggiorno di rimanere in Italia, e l'affidamento, senza gara, per il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti a due cooperative di Riace, che non avrebbero avuto i titoli. Le altre contestazioni, però, per i pm rimangono in piedi, si va dalla malversazione alla truffa ai danni dello Stato fino alla concussione. Reati consumati da un'associazione a delinquere capeggiata proprio dall'ex sindaco, sui quali pende ancora il ricorso presentato dai pm al tribunale del Riesame contro il rigetto del gip.
«Sono tranquillo con la mia coscienza perché non ho fatto niente. Anzi, ho cercato di aiutare umanamente e non mi sono approfittato di nulla neanche sul piano economico - commenta Lucano - non ho proprietà né conti correnti, come ho detto sin dal primo momento. Dopo tanto tempo hanno potuto verificare tutto su di me. Gli avvocati - aggiunge - mi hanno detto che è un fatto normale anzi è positivo perché hanno chiuso e vuol dire che non ci sono altre cose e che quelli sono i capi di imputazione». Lucano, sottoposto dal 16 ottobre al divieto di dimora nel suo comune, quasi certamente, dovrà affrontare un'udienza preliminare. Un passaggio importante per l'uomo che dal 98, in occasione dello sbarco di 200 profughi curdi, ha trasformato il borgo fantasma, spopolato dalla mancanza di lavoro, in un caso italiano e internazionale. Un modello di accoglienza che nel 2016 gli è valso l'inserimento al quarantesimo posto nella classifica dei 50 leader più influenti del mondo stilata dalla rivista americana Fortune e che ha fatto di Riace un sinonimo di integrazione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino