È morta Iolanda, mamma di don Peppe: «Guida del riscatto di tutta Caserta»

È morta Iolanda, mamma di don Peppe: «Guida del riscatto di tutta Caserta»
Se don Peppe Diana proclamava che «per amore del mio popolo non tacerò», denunciando camorristi e conniventi del malaffare fino alla morte, mamma Iolanda...

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Se don Peppe Diana proclamava che «per amore del mio popolo non tacerò», denunciando camorristi e conniventi del malaffare fino alla morte, mamma Iolanda è stata da quel 19 marzo del 1994 la staffetta più convinta del messaggio del figlio.


«Come la madre di Peppino Impastato, altra donna del Sud coraggiosa e infaticabile memoria del ragazzo massacrato dalla mafia, lei ha ripreso le bandiere di don Peppe Diana, si è trasformata - ricorda Renato Natale, sindaco di Casal di Principe e amico da sempre della famiglia - in una testimone eccezionale, una guida per il riscatto di un popolo, la peggior nemica che la camorra e la delinquenza organizzata potessero mai incontrare». Era Mamma Iolanda, per tutti. Tanto che solo ieri, all'annuncio della sua morte a 86 anni, dopo una malattia lunga e invalidante, parecchi ne hanno scoperto il cognome: Di Tella, originaria di San Cipriano e da nove anni vedova di Gennaro, anzi papà Gennaro, compagno di una vita e prezioso conforto per un lutto straziante e mai superato.

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In quasi 26 anni che sono passati dalla tragedia non si è risparmiata. Lei, riservata per indole e per educazione, cresciuta in un contesto sociale e in un'epoca in cui alle donne era lecito parlare solo con i familiari, si espone continuamente. La sua figura affacciata al balcone per salutare le manifestazioni anticamorra o le associazioni cattoliche che sfilavano per le vie del paese era diventata un'icona, che rimbalzava dai social network ai giornali. Per la sua casa sono passati giornalisti, artisti, intellettuali ma soprattutto migliaia di ragazzi in cerca di una parola di verità. Ancora qualche giorno fa un gruppo francescano ha voluto passare sotto quel balcone diventato un simbolo della testimonianza di mamma Iolanda. «E lei parlava a tutti, anzi raccontava - ricorda Natale - raccontava nella sua lingua di donna semplice ma diretta, in un dialetto a volte molto distante da quelli di coloro che erano venuti a trovarla, e che però capivano benissimo il senso e la forza di quei racconti». Una passione particolare la riservava agli scout che le ricordavano tanto il suo Peppino, con quel fazzoletto come distintivo che ogni tanto metteva al collo a posto del figlio che non c'era più. D'altra parte ha spesso ricordato che se c'era qualcosa che assorbiva talmente don Diana da fargli dimenticare il resto era proprio la compagnia dei giovani, la sua leva per cambiare il mondo. Mamma Iolanda raccontava e denunciava.

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Denunciava quelle indagini incerte della prima ora, il timore dei preti che avevano condiviso con il figlio il percorso sacerdotale, la titubanza della stessa diocesi di Aversa. Raccontava e denunciava senza paura in quegli anni che seguirono l'assassinio, quando in tanti preferivano girarsi dall'altra parte, i clan ancora spadroneggiavano in tutto il territorio e qualche giornale rilanciava piste offensive e squallide sulla morte di don Diana, alludendo ad ambigui motivi passionali o al fiancheggiamento di una fazione camorrista. Venti anni dopo quel tragico 13 marzo papa Francesco Bergoglio riscatterà i colpevoli silenzi della Chiesa indossando la stola di don Diana per benedire i familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata in occasione della veglia promossa da Libera con don Luigi Ciotti. «La morte di mamma Iolanda apre un vuoto di testimonianza, lei però ha seminato così bene che molti raccoglieranno la sua sfida», conclude il sindaco Natale.


«È un donna che ha sofferto tanto ma ha saputo dare tanto a tutti noi», premette Valerio Taglione, presidente del Comitato Don Diana, l'organismo che raccoglie decine di associazioni e gestisce la Casa Don Diana su un bene confiscato alla camorra. «È come se con il dolore - continua Valerio Taglione - lei avesse introiettato il pensiero del figlio, facendo propri i timori e le speranze di quel prete in prima linea». Un impegno che è stato un conforto per la perdita dell'amatissimo Peppe e però anche l'inizio di una nuova e inaspettata esperienza vissuta all'insegna della comunicazione. Certo con uno stile diverso da quello del sacerdote ma avendo in comune con i comportamenti del figlio un'apertura alla società che non conosceva remore. Manifestazioni, interviste, convegni e cortei la coinvolgevano costantemente senza lasciare a lei e al papà Gennaro un attimo di respiro. E lei, con il marito finché c'è stato, non si è mai tirata indietro. «La ricorderemo il 29 gennaio nella Casa don Diana, in occasione della presentazione del libro dedicato al figlio», fa sapere Taglione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino