Incendio a Pignataro Maggiore, rogo distrugge la Tenuta Zingaro

Incendio a Pignataro Maggiore, rogo distrugge la Tenuta Zingaro
Accade tutto nella notte. Nell'ampia piana adibita a coltivazioni e allevamenti nel territorio di Pignataro Maggiore si levano fiamme alte, che in pochi minuti divorano tutto...

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Accade tutto nella notte. Nell'ampia piana adibita a coltivazioni e allevamenti nel territorio di Pignataro Maggiore si levano fiamme alte, che in pochi minuti divorano tutto quello che incontrano. L'incendio divampa nell'azienda Florio, in una vasta zona disseminata di campagne e cascine nota come Tenuta Zingaro. A lanciare l'allarme sono i titolari dell'azienda, allertati dai versi degli animali e dallo scoppiettio del fuoco. Ma quando scatta la chiamata ai Vigili del Fuoco le fiamme avevano già divorato un capannone. Va subito in fumo una cinquantina di rotoli di foraggio, che a causa della composizione in fieno e paglia accelerano la combustione. Alla fine il bilancio sarà pesantissimo: un capannone completamente distrutto e alcune macchine agricole da buttare. Un danno complessivo per decine di migliaia di euro, forse di più.



Ad indagare sul caso sono i carabinieri della Stazione di Pignataro Maggiore, guidati dal comandante Giuseppe Grumiro, coordinati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. I militari hanno raccolto le testimonianze ed effettuato i rilievi in sinergia con i vigili del fuoco di Caserta. Ed è proprio sul posto che è stata confermata la matrice dolosa dell'incendio. I militari non potranno contare su immagini di videosorveglianza né su un sistema d'allarme, mentre pare che le vittime non sappiano spiegarsi il gesto. Ma la chiara matrice dolosa del rogo non può non far pensare a ritorsioni da parte di organizzazioni criminali. Pizzo, minacce o vendette? È presto per poter ipotizzare la causa scatenante del raid notturno all'impresa agricola, ma di certo con questo nuovo atto i riflettori tornano accesi su ciò che continua a muoversi nel sottobosco pignatarese e del circondario. 

Nel giugno dello scorso anno in fiamme era finito un centro di consulenza fiscale - il deposito del Caf della Cisl Pensionati - nella centralissima via Roma a Vitulazio, gestito da due coniugi. Anche in quel caso l'atto fu doloso, ma i carabinieri parlarono più di una bravata e i danni furono molto ridotti. Ben più grave, però, sono i fatti dei mesi precedenti: nel febbraio 2020 fu infatti completamente devastato dalle fiamme il Million Dollar Store, caseificio e negozio di gastronomia del gruppo Jemma sulla Statale Appia. Un rogo sospetto divampato intorno a mezzanotte, quando al chilometro 582, al confine tra il territorio di Vitulazio e quello di Pastorano, che avrebbe potuto generare una tragedia. E poi c'è il caso dell'auto data alle fiamme all'ex assessore Francesco Di Gaetano. Il giovane amministratore era ancora nella Giunta e deteneva importanti deleghe tra le quali quelle ai lavori pubblici e al bilancio, quando in una zona residenziale in località Luciani la sua Fiat Panda viene data alle fiamme mentre è parcheggiata proprio fuori la sua abitazione. Nonostante il tempestivo intervento dei Vigili del fuoco, l'auto è andata completamente distrutta dopo essere stata avvolta dal violento rogo. E da subito lo spettro dell'avvertimento aleggiò intorno al caso, legando il raid alle deleghe in capo a Di Gaetano e alle forti tensioni politiche e giudiziarie che si respiravano pochi mesi fa a Vitulazio. 

Casi diversi tra loro, quelli appena descritti, ma inquietanti in egual modo e legati dall'unico filo di un braciere criminale che è ancora acceso e vive nella notte e negli angoli bui dell'agro caleno. Roghi che bruciano sulla pelle delle comunità locali, da decenni vittime silenziose di prepotenza criminale e minacce a lavoratori. 

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Il Mattino