«Augusto Di Meo è il testimone oculare dell'omicidio di don Peppe Diana. La sua testimonianza è stata fondamentale per condannarne l'esecutore...
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Eppure quella scelta civile gli si è quasi ritorta contro, visto che Di Meo, che di professione fa il fotografo, ha dovuto affrontare problemi di natura personale, di salute, economici, è stato costretto a lasciare Casal di Principe per poi farvi ritorno dopo tanti anni. Nel 2010 chiese di essere riconosciuto come «testimone di giustizia», ma la sua domanda fu bocciata dal Ministero; anche la giustizia amministrativa gli ha dato torto. «Sono passati 24 anni - scrive Gaetti - da quel maledetto 19 marzo del 1994, quando la camorra - schiaffeggiata quotidianamente dalle parole e dalle azioni di don Peppe - decise di entrare in sacrestia e sparare cinque colpi di arma da fuoco. Di Meo, che vide in faccia il killer, non è mai diventato un testimone di giustizia ma sta combattendo la sua battaglia personale in un territorio ancora difficile. La scelta di Augusto di non girarsi dall'altra parte lo ha reso bersaglio di minacce e intimidazioni. Augusto, intanto, continua a raccontare di quella mattina del 19 marzo del 1994 a centinaia di ragazzi che ogni anno passano nelle "terre di don Diana", per i campi di lavoro promossi da Libera, senza abbassare mai la testa» Leggi l'articolo completo su
Il Mattino