Villa di Briano, sfilata di carri tra fede e arte: corteo al ritmo di tammorre

L'ultrasecolare tradizione della domenica in albis

Villa di Briano
Soprattutto una festa, un happening con musica e arte insieme alla fede da vivere nel quotidiano. Si è rinnovata nel millenario santuario di Villa di Briano la...

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Soprattutto una festa, un happening con musica e arte insieme alla fede da vivere nel quotidiano. Si è rinnovata nel millenario santuario di Villa di Briano la ultrasecolare sfilata dei carri allegorici della domenica in Albis. Un appuntamento che quest’anno ha visto anche una tappa della festa della tammorra, ma anche un appuntamento con due assenze pesanti, quelle di don Paolo dell’Aversana, il parroco anticamorra che qui ha operato per decenni e che ha sottoscritto il documento “Per amore del mio Popolo” insieme a don Giuseppe Diana, e di Marcello Colasurdo, il re della Tammorra. Un pellegrinaggio di fede popolare, di folclore, un’antica tradizione della “prianella” che ha visto centinaia di persone raggiungere la chiesetta per chiedere una “grazia” alla Madre Celeste.

Sono arrivati anche i carri addobbati da Giugliano, Melito, Qualiano, San Marcellino e da tanti luoghi limitrofi, che con le paranze hanno riempito la piazza per un intero pomeriggio, di suoni della tammorra, del “sisco” che come una nenia ha invaso le stradine e le campagne circostanti mentre decine e decine di ballatori si sono mossi al ritmo incessante delle tammorre e delle castagnette, tra un “votata” e una figura plastica di corteggiamento. I presenti hanno apprezzato ballando al suono delle bande giunte al santuario.

Il rito, insomma, si è ripetuto nel tempo, con la riproposizione della fatica, del sudore della fronte dei contadini che mietevano il grano o tagliavano la canapa, lavoratori della terra che rendevano grazie alla Madonna per l'abbondante raccolto. La festa che non è altro che un ringraziamento. «E tutto questo - hanno affermato gli organizzatori - mette in moto una comunità che accoglie, che fa esperienza della memoria, un intero popolo che si fa pellegrino lungo le strade che portano al Santuario alla ricerca del soprannaturale, dell'inedito, del mistico».

Quest’anno, dopo 50 anni, non c’è stato don Paolo, che ha lasciato i suoi fedeli il 16 marzo dopo un periodo di malattia. «La sua è stata – ha dichiarato Salvatore Cuoci di Casa don Diana - un’opera instancabile, fedele al Vangelo, un’azione in continua evoluzione, sempre alla ricerca del nuovo, dell’inesplorato, restando comunque nel solco della tradizione di cui questo luogo ne è importante testimonianza. Siamo sicuri che starà anche lui battendo la mano sulla tammorra e accennando a un passo di danza insieme ai ragazzi e ai suoi cari».

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Il Mattino