Arbore e Laurito, un libro insieme: «De Crescenzo era il nostro amico geniale»

Arbore e Laurito, un libro insieme: «De Crescenzo era il nostro amico geniale»
Per gentile concessione dell'editore Mondadori pubblichiamo uno stralcio di «Ci siamo voluti tanto bene», in cui Renzo Arbore e Marisa Laurito raccontano la loro...

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Per gentile concessione dell'editore Mondadori pubblichiamo uno stralcio di «Ci siamo voluti tanto bene», in cui Renzo Arbore e Marisa Laurito raccontano la loro amicizia con Luciano De Crescenzo, scomparso il 18 luglio 2019.

Ciononostante, in questo mondo del progresso, in questo mondo pieno di missili e di bombe atomiche, io penso che Napoli sia ancora l'ultima speranza che ha l'umanità per sopravvivere.*

«Sai che penso di aver letto questa frase mille volte. E ogni volta ci trovo dentro un miracolo, un nuovo significato e una nuova illuminazione.»
«Ma quale miracolo, Renzo?»
«In che senso, Marisa?»
«Di quale miracolo parli?»
«Marisa, scusa, ma non stavo parlando con te.»
«Siamo solo tu e io, mi dici con chi stavi parlando?»
«Con Luciano, credo...»
«Gesù, ora parli con Luciano?»
«Perché, tu non lo fai mai?»
«Ma sì, ogni tanto capita anche a me.»
«E allora lo vedi?»
«Che so, sto per mettere sul fuoco la pentola per preparare il ragù, e mi viene ancora voglia di chiedergli: Lucia', che pasta butto oggi?».
«E lui ti risponde, dico bene?»
«Sì, in effetti ancora risponde: Marì, fai tu! Tanto lo sai che vengo anche pagando. Una volta metteva giù il telefono e mi raggiungeva».
«E poi quando veniva teneva qualcosa da ridire».
«Quando non teneva da ridire sulla cucina, e sulla mia non poteva dire proprio niente, stai sicuro che qualcosa su cui brontolare la trovava».
«Ecco, Marisa, forse qui sta il vero miracolo che è stato Luciano».
«Cioè? A che ti riferisci?»
«Luciano amava smontare tutto, ogni certezza apparente. In fondo, diciamolo, non gli stava bene niente, quasi niente. Eppure la sua dolcezza è il tratto che a noi due resta più forte nel cuore. Era un brontolone, ma un brontolone d'amore».
«Mi piace, sembra un'espressione inventata da lui.
Ma, Renzo, dimmi una cosa: secondo te perché la gente, i lettori con ogni grado di cultura lo capivano e i critici hanno sempre fatto tanta fatica ad accettarlo tra le grandi firme della letteratura italiana?»
«A volte il limite dei critici sai qual è? Hanno un loro modello di letteratura nella testa. E se per caso tu non sei aderente a quel modello, se in qualsiasi modo te ne discosti, per loro avrai fatto comunque un lavoro mediocre».
«E allora è dura, perché è difficile pensare che le pagine di Luciano restassero aderenti a un modello».
«Infatti, il punto è proprio questo. Se vogliamo trovare una tradizione da cui Luciano discende, possiamo cercarla soltanto in Giuseppe Marotta. Per il resto, è chiaro che l'universo di Luciano, la città che racconta lui, è soltanto sua, come avviene nell'opera di ogni grande autore».
«È incredibile. Ha continuato ad avere Napoli nella testa anche se in realtà non ci viveva da anni».
«Uno che ragiona guidato dall'amore non avrebbe mai potuto dimenticare Napoli».
«Non dirlo a me. Sai bene quanto si entusiasmasse ogni volta che organizzavamo una qualsiasi passeggiata a Napoli. E a tavola a tavola non amava altro che piatti napoletani. Guai a non dargli una genovese, un ragù, un buon gattò di patate».
«Hai ragione, Marisa. Non ha mai smesso di coltivarsi Napoli nei ricordi, e ha continuato a elaborarla. Napoli è progredita non solo nella realtà, ma anche nella sua fantasia di scrittore».
«Il suo era un realismo. Inimitabile, direi».
«Brava, un realismo del tutto inimitabile. E non si era mai visto prima un realismo così poetico».
«Renzo, ma non è proprio questo aspetto ad aver indotto in errore la critica? Alcuni lo hanno accusato di aver raccontato una borghesia finta».
«Non è facile leggerlo, ed è ancora meno facile comprenderlo».
«Sai che lo sto rileggendo tutto? E sai che tanti suoi libri che credevo di conoscere, in realtà hanno dentro tanto altro che prima non ci avevo trovato?»
«Mari', lo sto rileggendo pure io. E ho la tua stessa sensazione. Siamo stati anni con lui. Abbiamo vissuto insieme interi periodi delle nostre vite. Tu hai mai avuto l'impressione che Luciano avesse detto tutto quel che aveva da dire? Hai mai avuto l'impressione che non potesse più in nessun modo stupirci?»
«No, Renzo, mai».
«Nemmeno io. Luciano era mille persone in una. Come diciamo noi due ogni volta che dobbiamo descriverlo?»
«Diciamo che come nessun altro era intelligente, era spiritoso, era profondo ed era pure bellissimo».
«E mamma mia, e ce le aveva tutte lui!»
«Renzo, ce le aveva tutte, e di qualcuna ancora non ci eravamo accorti. Ti pare possibile?»
«Non lo so, so che ricordare una persona come lui è meraviglioso ed è pure un esercizio complicatissimo. Hai sempre paura di semplificarlo, di non rendere in modo adeguato la sua complessità di uomo e di letterato».
«Lui non si è mai preoccupato di apparire come un intellettuale impegnato, e tanti critici ci sono cascati».
«Vorrei il potere di riconoscergli il genio smisurato che aveva».
«Ho un'idea, Renzo.»
«Dimmi.»
«Una genovese io e te, che ne pensi?»
«Penso che non potremmo ricordarlo meglio. Un sapore, un sapore della memoria e un filo che ci porta a Napoli».
«Metto l'acqua sul fuoco, allora. E per favore, diamoci un tono, facciamo finta di non piangere».
«Ci proveremo, non so se ci riusciremo. E dopo, mi raccomando il caffè, Mari'. Come diceva Luciano, senza un buon caffè non si può scoprire niente della vita».


«Quanto ci ha insegnato! Grazie a lui ora sappiamo che anche il caffè conduce alla conoscenza».

 

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Il Mattino