«Parigi magica», il viaggio di Vittorio Del Tufo tra le ombre di una città mondo

«Parigi magica», il viaggio di Vittorio Del Tufo tra le ombre di una città mondo
Spero che Vittorio Del Tufo sia una persona fortunata: e sinceramente gli auguro di esserlo. Ma una cattiva notizia, sia pur tale da non sconvolgergli la vita, bisogna pure che...

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Spero che Vittorio Del Tufo sia una persona fortunata: e sinceramente gli auguro di esserlo. Ma una cattiva notizia, sia pur tale da non sconvolgergli la vita, bisogna pure che gliela dia. Sappia dunque che io non appartengo al nòvero dei personaggi del genere di Solomon Guggenheim, cioè dei miliardari-collezionisti-filantropi. Perché se fossi tale, il suo avvenire sarebbe assicurato: e sarebbe alquanto prospero. Dopo aver letto il suo Parigi magica, che segue i volumi dedicati a Napoli e a Torino, so di potermi fidare della sua competenza e del suo fiuto.

Se quindi fossi Solomon Guggenheim, non esiterei ad affidargli un più che sostanzioso budget ingaggiando almeno i prossimi dieci anni della sua vita per scrivere altre «biografie magiche» di altrettante città che conosco, che amo e della ricchezza dei misteriosi, misterici e misteriosofici depositi delle quali sono certo: anche per aver fatto qua e là alcuni personali sondaggi al riguardo. La «mia» Firenze, anzitutto; ma anche altre città, esse stesse «mie», sia pure non allo stesso grado e allo stesso livello: Siena, Venezia, Vienna, Praga, Granada; e volendoci spingere un po' più lontano anche Mosca e Samarcanda; nel continente americano almeno New York, Rio de Janeiro e Buenos Aires. Ma ce ne sarebbe tante altre, perché non esiste città al mondo che non abbia il suo dark side.

La bibliografia su queste cose è immensa, addirittura scoraggiante. Ma un soggiorno di un paio di mesi in una buona biblioteca, tipo la British Library di Londra, e una bella full immersion nell'oceano delle ricerche più bislacche e improbabili eppure talora sorprendenti per qualità, sia pur in mezzo a bufale indecorose lo rafforzerebbe nella convinzione che dieci vite non basterebbero a leggere tutto il leggibile sull'argomento: dopo aver operato severissima e spietata selezione, ça va de soi. Dopodiché egli si troverebbe ancora appena ai blocchi di partenza: perché un libro è un gran bella cosa con il fondamentale difetto che finché non lo leggi rappresenta un ostacolo che può anche essere durissimo, ma quando lo leggi ti accorgi che rispetto a quel che ti serve non è quasi nulla, e, nella migliore delle ipotesi, dietro ad esso ce ne sono altri mille da conoscere.

E se vuoi penetrare i misteri di una città i libri non bastano. Devi conoscerne le strade, le piazze, i palazzi, le chiese, i musei, i giardini, le banche, le fabbriche, le botteghe artigiane, gli artisti; i sordidi, e gli angiporti, e le periferie, e i postriboli, e le case di malaffare, e i postacci della malavita. Devi saperne apprezzare i ritmi che cambiano dal giorno alla notte e con il mutare delle stagioni. A giudicare da quel che ho letto, la Parigi magica di Vittorio Del Tufo qualcosa del genere, nei limiti dell'umanamente possibile, lo ha fatto.

Certo, la bibliografia sui «misteri di Parigi» è molto ampia: e lui se l'è digerita in buona parte e a grossi bocconi. Il che significa evidentemente il duca di Saint-Simon, Voltaire, Choderlos de Laclos, Cazotte e tanti altri per cominciare; e poi Hugo, Balzac, Sue, Baudelaire, Dumas padre e figlio, Zola; e quindi Rolland, Hemingway, Céline, Aragon, Sartre e tantissimi altri; e infine l'incontournable Umberto Eco de Il pendolo di Foucault e de Il cimitero di Praga, caleidoscopico plagio e geniale collage di tutto il meglio e di tutto il peggio della Ville Lumière, dalla Coupole dell'Institut dove seggono gli Immortels fino ai giardini del Luxembourg, alla collina di Montmartre e al Père Lachaise dove prima o poi finiscono tutti o quasi. Sempre che tu sia riuscito a evitare la bufalesca trappola de Il codice Da Vinci di Dan Brown: e congratulazioni se lo hai scansato, condoglianze se non ce l'hai fatta e ci sei cascato anche tu.

Io ne so qualcosa di questi itinerari: a volte viaggio d'avventura prolungato finché le gambe ti sorreggono, a volte (quanto meno in un tempo lontano, memorie d'università...) passeggiate romantiche la mano nella mano, a volte pellegrinaggi devoti, a volte affannose ricerche di tempi perduti e ritrovati più volte, tuoi o altrui; conosco anche le code interminabili, sotto la pioggia alla Gare de Lyon aspettando un taxi o sotto il solleone di luglio davanti al Grand Palais in attesa d'entrare alla grande esposizione del momento, o certe serate eccezionali all'Opéra. Mi sono concesso però anche momenti più esoterici, come le ore passate dinanzi alla Tour Saint Jacques o ai portali di Notre-Dame cercando di decifrarne il messaggio astrologico-alchemico, librone di Fulcanelli alla mano...

Del Tufo ci rammenta una cosa fondamentale, che chiunque voglia scoprire una città sia «magica» o meno deve sapere. Una città è tantissime cose, tra cui anche un libro: un libro di storia, magari. Con la differenza però che si solito un libro di storia si legge seguendo un ordine cronologico, mentre una città si visita seguendo un itinerario topografico. Il tempo e lo spazio sono coordinate indispensabili entrambi, con l'aggravante che sono altresì complementari: non puoi fare a meno né dell'una né dell'altra, e contemporaneamente.

Una città è un labirinto, anzi cento labirinti l'uno intrecciato all'altro. Puoi scegliere di esplorare quello che vuoi e magari di divertirti a scambiare di continuo l'uno con l'altro, ma facendo attenzione a non smarrirti: o magari al contrario smarrirti volontariamente, e ti sarà dolce il naufragare nell'oceano infinito di chiese romaniche o gotiche o barocche e di strade piene di ristoranti e di boutiques alla moda, di palazzi che ti ricorderanno i fasti di Luigi XIV e quelli di Napoleone e di strade a ogni angolo delle quali una lapide ti ricorderà qualcosa di celebre o di sconvolgente. 

Del Tufo è rassicurante e implacabile, divertente e desolante al tempo stesso. Può guidarti fino a Notre-Dame, farti gustare il sapore acre della Rivoluzione con le sue ghigliottine, immergerti nel mistero dei Templari, farti conoscere la Corte dei Miracoli e i recessi tenebrosi dove si riuniscono i Rosacroce, accompagnarti lungo i boulevards dall'Arco di Trionfo alla Tour Eiffel che risplende di luce dorata la notte. Ce ne sono, di cose da scoprire: dagli anacronismi del grande monumento equestre di Carlomagno davanti a Notre-Dame che non poteva poggiare i piedi sulle staffe, ancora sconosciute in Occidente, né portare una corona germanica del X-XI secolo (lui ch'era dell'VIII-IX), né impugnare lo scettro di Carlo V re di Francia) alla leggenda di San Dionigi (in realtà Dioniso) che ascende la collina dei Martiri (Montmartre) portando sottobraccio la sua stessa testa dopo essere stato decapitato (a Firenze si narra la stessa leggenda per San Miniato) sino ai fantasmi tantissimi! che infestano vecchi palazzi e case dimenticate, vicoli cadenti ma anche sale vetuste di biblioteche e di musei, perfino di qualche ristorante; e magari dicono - stazioni periferiche del Métro, ma li vedono solo i clochards.

Parigi cambia. I cantieri di restauro sono sempre più numerosi, botteghe e negozi aprono e chiudono i loro battenti e si rinnovano o falliscono di continuo, i bouquinistes del Lungosenna sono sempre meno e la loro merce un tempo talvolta rara, perfino preziosa sempre più banale e scadente. È una città magica, perfino diabolica e addirittura angelica, sa rimanerti ostile ed estranea anche se tu l'ami alla follìa d'un amore non corrisposto eppure a volte sa farti credere di esser solo tua come soltanto le belle infedeli sanno fare. Parigi e i suoi incredibili passages, Parigi e i suoi giardini e giardinetti, Parigi e i suoi ponti, Parigi e le sue foglie morte del Lungosenna d'autunno, Parigi e le sue canzoni d'amore. Oggi, la piazza di Saint-Germain-des-Prés è stata ribattezzata Place Juliette Gréco, venuta a mancare novantatreenne due anni fa, nel 2020. Nel 1957, quando cantava in maglione nero ed era la diva esistenzialista di Sartre, di Prévert e di Godard, io avevo diciassette anni e l'amavo alla follia.

Anche questa è Parigi magica, n'est-pas, monsieur Del Tufo? 

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Il Mattino