Una casa - vera - dentro l’Albergo dei Poveri, struttura borbonica monumentale perennemente incompiuta che troneggia con la sua maestosa facciata in piazza Carlo III a...
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E sollecita l’Amministrazione comunale a proseguire in tempi ragionevoli la realizzazione della “fase due” del progetto: «L’apertura dell’area docce e bagni, che abbiamo salutato con gioia e sollievo è però solo l’inizio, dopo diciassette anni di attesa a favore dei tanti (sempre più, ahinoi) costretti a vivere per strada, a Napoli», sottolinea lo psichiatra Emilio Lupo, di Psichiatria Democratica. «Ci ha tuttavia colpito – aggiunge - il mancato coinvolgimento del mondo del volontariato autentico, che a centinaia abbiamo incontrato, con cui abbiamo scambiato esperienze e condiviso la lunga e faticosa marcia, negli anni, di avvicinamento all’obiettivo di offrire una vera casa per i senza dimora nell’Albergo dei poveri, con l’Orto sociale che restituisca anche un po’ di quel verde sottratto al quartiere. Ma c’è anche un altro “ma”». Quale? «Aver “dimenticato” – sottolinea Lupo - di invitare per l’occasione l’architetto Francesca Brancaccio, capace e generosa professionista che ha elaborato, immaginato e disegnato, di intesa con il Comitato, il grande progetto di cui è andato in porto solo un primo piccolo segmento».
Di qui, le richieste del Comitato all’Amministrazione comunale: «Essenzialmente – spiega Lupo – occorre attivare senza indugi la fase due del programma. Non vi è dubbio alcuno, infatti, che la piena realizzazione del progetto di via Tanucci 9 è una occasione importantissima di riscatto partecipato per Napoli e, pertanto, chiediamo che la città stessa venga da subito coinvolta - in tutte le sue articolazioni funzionali - in questo concreto e visibile progetto di lotta all’emarginazione e di inclusione reale e, così, dispiegare tutta la sua grande umanità e volontà trasformatrice», conclude. Ma quali sono i punti concreti dell’appello? Li sintetizza una nota del Comitato: primo, «garantire l’apertura del Centro tutti i giorni attraverso una gestione pubblica, accanto ad una programmazione e un coordinamento delle sue attività, ad opera del Comitato, così come previsto dalla stessa delibera comunale, cui, fino ad oggi, non è stato dato seguito».
Secondo, «la predisposizione dell’organigramma e l’individuazione di tutte le risorse umane necessarie al pieno funzionamento del Centro (responsabile del Centro, assistenti sociali, personale amministrativo, di custodia e di pulizia, pasti, animatori sociali e di comunità etc.) e - attraverso chiari protocolli d’intesa - la presenza puntiforme di avvocati di strada organizzata dei volontari (questi ultimi adeguatamente formati e provenienti da diverse realtà cittadine) per la realizzazione di progetti diversificati, in grado di fornire risposte nuove, in osmosi con la città e non un nuovo cronicario assistenzialistico, di borbonica memoria».
Terzo, «quantificare le risorse necessarie per essere, da subito, in grado di dare risposte multiple e differenziate a quanti saranno costretti a ricorrere a vari servizi», tra i quali distribuzione dei pasti, pulizia personale e cambio abiti, consulenza e assistenza sociale e giuridica, individuazione di percorsi per garantire - attraverso la ASL - risposte ai eventuali bisogni di salute con possibilità di usufruire, come tutti, dei servizi territoriali, recapito postale e attività di sostegno, realizzazione di progetti di reinserimento lavorativo e, quindi, di autonoma collocazione di vita e abitativa.
Infine, il quarto punto: «Il coinvolgimento di tutte le realtà industriali, artigianali, economiche, culturali e associative che si facciano carico di integrare (attraverso donazioni liberali mirate, effettuate dai propri associati come dai singoli) le risorse pubbliche, al fine della concreta attivazione, progressiva, di tutte e tre le fasi del progetto con la fornitura del materiale di arredo (mobili, sedie, lampade, elettrodomestici etc.) e /o di altri beni necessari (igienici, stoviglie, biancheria…) preventivamente individuato». Un percorso, complesso ma non impossibile, di sussidiarietà attiva. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino