«Questa è una storia che avrei potuto raccontare tanti anni fa. È come un vecchio libro ma scritto con gli occhi di oggi, un ritorno al passato. È il...
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Si torna a parlar d'amore, Fabio Volo?
«In fondo l'ho sempre fatto, mi piace raccontare storie speciali di passioni e il pubblico so che apprezza molto. Oggi però la mia vita è cambiata, ho due figli, una moglie, una famiglia che adoro. E dunque posso scrivere di quest'argomento da un'ottica differente rispetto al passato».
È ciò che ha trasferito in «Quando tutto inizia»?
«Si perché questo libro non racconta di una passione giovanile. I protagonisti non sono ragazzi ma persone adulte che però si ritrovano a vivere una passione adolescenziale. Si conoscono, si piacciono e tutto ciò che li circonda improvvisamente sparisce. Si isolano in un angolo di mondo che è soltanto loro e un paio di giorni a settimana vivono questo amore puro, bellissimo, potente. Parlano di tutto, mangiano, si confidano, fanno l'amore, si raccontano esperienze. È il loro segreto meraviglioso. Lui è single, la donna è sposata e si concede questa avventura che la inebria».
E poi cosa accade?
«Accade che questo tipo di relazione clandestina, bellissima ma difficile, non basta più. E allora escono allo scoperto. Ma a quel punto tutto cambia. La bolla si incrina, si affacciano le domande. Si può davvero prendere una pausa dalla propria vita? Al centro c'è la difficile scelta tra il noi e l'io, tra i sacrifici che facciamo per la nostra realizzazione personale e quelli che siamo disposti a fare per un'altra persona, facendo un passo indietro, se necessario».
Spesso va in Islanda, terra d'origine di sua moglie Johanna.
«È un luogo perfetto per scrivere un libro, poca confusione, silenzio, niente scocciatori. E quel senso di nostalgia per la tua terra che dopo un po' ti arriva addosso. E che è uno stimolo alla creatività e al racconto».
Il rapporto con il pubblico è sempre tormentato?
«C'è sempre il partito di chi mi ama e quello di chi mi detesta. Però sto notando che l'odio è in calo. E questo, più che farmi felice, mi preoccupa un po'. Non vorrei che sopravvenisse l'indifferenza, che è molto peggio».
Gli ascolti di «Che tempo che fa» sono in calo. Come se lo spiega?
«Ne ho parlato spesso con Fabio Fazio. Io credo sia normale che questo tipo di trasmissione non faccia il 20% di share. Non è esattamente nazionalpopolare, si parla anche di argomenti tosti, importanti. La storia di Giulio Regeni, ad esempio. Ma fare 3,5 milioni con il 15% non è certo un flop. A prescindere dagli ascolti, penso sia un gran bel programma. E poi dietro tutto ciò c'è la storia dei compensi di Fazio che gli ha portato antipatia».
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Il Mattino