Nel piano industriale di Alitalia sono previsti 2.037 gli esuberi per il personale di terra. Lo si apprende da fonti sindacali. Le organizzazioni dei lavoratori hanno risposto...
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Gli esuberi nel personale di terra riguardano sia lavoratori a tempo determinato che a tempo indeterminato: 1.338 a tempo indeterminato, 558 a tempo determinato e 141 nell'estero. A questi si aggiungerebbero 400 naviganti per i quali la solidarietà difensiva scade a dicembre. L'azienda, secondo quanto si apprende, ha chiesto anche tagli salariali del 28% per i piloti medio raggio, 22% per i piloti lungo raggio e 32% per gli assistenti di volo.
Nel piano presentato da Alitalia ai sindacati, secondo quanto si apprende, sono previste «fino a 500 assunzioni» di personale navigante fra piloti e assistenti di volo dal 2019. È inoltre previsto l'ingresso in flotta di 8 nuovi aeromobili di lungo raggio fra il 2017 e il 2021.
Il piano è stato illustrato ai sindacati dall'amministratore delegato della compagnia Cramer Ball. Non era presente Luca di Montezemolo, mentre c'era Luigi Gubitosi, nuovo presidente in pectore. Secondo quanto riferito dai sindacati, proprio Gubitosi ha rivolto un richiamo al senso di responsabilità di tutti invitando ad affrontare la vertenza e la fase di rilancio in corso restando il più uniti possibile.
«Quello presentato è un piano negativo, non di sviluppo ma di corto respiro», sottolinea Emiliano Fiorentino, segretario nazionale della Fit Cisl. Oltre agli esuberi, spiega l'esponente sindacale, «il piano prevede un taglio di 20 aerei a medio raggio e non contiene quel grande sviluppo sul lungo raggio che invece era atteso. Nell'arco di piano, infatti, saranno complessivamente solo otto gli aerei in più, invece dei previsti 25».
«Per come si prospetta, il piano è insostenibile», ha sottolineato Tarlazzi. «Un piano - ha detto - che non prevede sviluppo ma solo un ridimensionamento forte, con tagli alla flotta, occupazioni e salari. Se verrà confermato, il nostro giudizio non potrà che essere molto negativo e richiederà risposte molto forti da subito e una mobilitazione da parte del lavoro». Per Tarlazzi, inoltre, «la crisi non può essere imputata al fattore lavoro e non può essere quindi scaricata la responsabilità sul sindacato». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino